– Immagine generata dall’IA di Microsoft Designer.
“Devi dare una occhiata al phon, il filo è rotto” mi dice mia moglie. Penso alla solita guaina danneggiata vicino al passacavo: un’ ottima occasione per provare la confezione di simil-Sugro che non ho ancora aperto, sperando di aver preso proprio quella nera.
Invece il danno è più serio: il filo elettrico è esposto e metà dei fili di rame sono rotti, quindi va sostituito immediatamente. Inutile cercare di spiegare a mia moglie che “Usare il phon in queste condizioni è pericoloso, blah blah blah …”, tanto non mi ascolterebbe. La cosa migliore è ringraziare San Nikola (Tesla) che non sia successo niente.
Che ci vuole a cambiare un filo in un apparecchio elettrico? Basta togliere qualche vite, tagliare via la parte di filo rovinata, ricollegare quella ancora in buono stato e rimettere tutto a posto. Dieci minuti di lavoro, non di più.
E invece no, perché oggi perfino i gusci dei phon non sono più chiusi con delle normali, stupidissime viti. E non sono nemmeno chiusi con dei ganci di plastica, che si ha un po’ di pratica sono ancora facili da aprire. No, sono incollati. Nemmeno fossero un iPhone.
Insomma, per farla breve, è stato impossibile aprire il phon senza romperlo. Tutto era incollato, perfino il passacavo. Di fatto una volta chiuso in fabbrica, al primo intoppo si butta via e se ne prende un’altro (che è quello che ho fatto).
Io mi sono intestardito a smontarlo solo per poter dividere i vari pezzi fra plastica e non riciclabile, ma intanto pensavo ai danni che stiamo provocando al nostro pianeta con queste politiche industriali dissennate.
Perché il diritto alla riparabilità dei propri dispositivi elettronici non è solo una fisima di pochi nerd un po’ fissati, ma è soprattutto un modo per ridurre lo spreco di materiali inquinanti.
Essere green non significa solo togliere la plastica dagli imballaggi, significa anche permettere che ciò che si produce possa essere riparato con facilità. Tutto il resto sono balle.