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Schede perforate: Macintosh 128K

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 23-Oct-2022 · 2 minuti di lettura
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“Vieni, ti faccio vedere una cosa.”

L’amico più grande mi fece entrare in un’ala dell’istituto di Fisica dove non ero mai stato. Avevo appena iniziato la tesi e il mio nuovo status mi permetteva di andare dove i semplici studenti non erano ammessi.

“Guarda!”

Eravamo entrati in una stanzetta piccola e ingombra di scaffali, al centro c’era una scrivania come tante con sopra un monitor e una tastiera. Ma erano piccoli, molto più piccoli di quelli che ero ormai abituato ad usare.

Lo riconobbi all’istante, ne avevo letto meraviglie su Bit e su MCmicrocomputer, una delle mie solite capatine in biblioteca dopo lo studio mi aveva permesso di leggere gli articoli dettagliatissimi di BYTE dedicati al nuovo prodotto Apple e al team che l’aveva sviluppato, ma averne uno davanti era un’altra cosa.

Fonte: Apple Macintosh 128K su Flickr.

“Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto. Vado in laboratorio, quando finisci passa e andiamo in mensa.”

L’amico andò via, lasciandomi da solo alle prese con la nuova macchina. La accesi, “boing!” e si fermò subito. Per fortuna il floppy di avvio era nel cassetto, lo inserii, pochi secondi e… vidi per la prima volta l’interfaccia grafica del Mac. Tutta un’altra cosa rispetto ai terminali di testo che ormai usavo regolarmente, oppure all’Olivetti M20 della stanza sotto il tetto, quella chiusa a chiave che potevano usare i tesisti e che di fatto è stato il mio primo ufficio.

Le mie letture mi avevano insegnato cosa aspettarmi, però il mouse scappava da tutte le parti, era vero che ci voleva un po’ di pratica per usarlo. Feci tutte le cretinate di un utente alle prime armi con il Macintosh – nessuno allora lo chiamava “128K”, era l’unico modello esistente quindi era il “Macintosh” (o il “Mac”) e basta.

Aprii MacWrite e cominciai a giocare con i caratteri e i colori (ok, non erano veri colori ma solo toni di grigio, ma ci siamo capiti), una meraviglia! Potevo scrivere, ingrandire i caratteri, rimpicciolirli, fare gli apici e i pedici. Allora non conoscevo ancora il LaTeX e per me queste possibilità erano magia pura. MacPaint era bello ma io sono un cane a disegnare, quindi oltre a qualche figura geometrica e a qualche campitura non potevo andare. Però, certo, poter “incollare” una immagine in MacWrite apriva tante belle possibilità.

È vero, potevo usare solo un programma alla volta ma non era una grossa limitazione, con un solo un floppy di fatto non si poteva fare di più. Molto più affascinante era la possibilità configurare il sistema a volontà tramite l’interfaccia grafica e di vedere subito quello che succedeva, mai vista prima un cosa del genere.

Non so quanto rimasi in quella stanzetta a giocare, di sicuro fu solo la fame (o l’amico) a farmi andare via.

Tornai dopo un giorno o due e il Mac non c’era più. Qualcuno lo aveva rubato.

E con quel Mac finì l’età dell’innocenza dell’istituto, quando si poteva lasciare qualsiasi cosa in giro sapendo che nessuno l’avrebbe toccata.

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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