Il proiettile di mortaio fischiò debolmente nel cielo notturno e si schiantò con un forte crack contro il fianco della collina. Mentre cercavano disperatamente un riparo, una dozzina di guerriglieri islamici con il turbante iniziarono a sparare inutilmente con i loro fucili e le mitragliatrici contro le postazioni delle milizie filorusse sulla cresta della collina. Un altro colpo di mortaio si schiantò sugli alberi a una cinquantina di metri di distanza, interrompendo temporaneamente il suono staccato dei colpi di fucile automatico intorno a noi. Nel frattempo io, sdraiato sulla schiena, cercavo di calcolare le probabilità che la squadra di mortai sopra di noi mi lanciasse un colpo direttamente in grembo. Mi resi conto che non venivo pagato abbastanza per questo incarico.
Comincia così il reportage del corrispondente di guerra freelance David Kline, pubblicato su Microcomputing di luglio 1982, che racconta la sua esperienza in prima linea a fianco dei mujaheddin che combattevano contro le truppe sovietiche che tre anni prima avevano invaso l’Afganistan.
Sono passati 40 anni e l’articolo appare ancora interessante e degno di lettura. Prima di tutto per le circostanze stesse della guerra: all’epoca gli americani supportavano economicamente e militarmente i mujaheddin in funzione anti Unione Sovietica, una situazione che si è ribaltata dopo il ritiro delle truppe sovietiche nel 1989 e l’avvento del regime talebano. È piuttosto straniante leggere della collaborazione e perfino della simpatia instauratasi fra il giornalista americano e i combattenti afgani e ripensare agli avvenimenti dell’8 settembre 2001 o al ritorno del regime talebano in Afganistan avvenuto appena un anno fa.
Nell’articolo l’autore preconizza anche un sistema di comunicazione mondiale basato su una rete di telex modificati che avrebbe potuto semplificare enormemente il lavoro sul campo dei giornalisti. Altro che telex, meno di dieci anni dopo sarebbe stato realizzato un sistema di comunicazione globale enormemente più avanzato, che avrebbe stravolto la vita e le abitudini di tutti noi. Ma non possiamo chiedere ad un giornalista che ha il coraggio di documentare gli eventi dalla prima linea di essere anche un esperto di tecnologia, quando all’epoca solo pochissimi studiosi illuminati riuscivano ad immaginare qualcosa di simile a quello che sarebbe stato il World Wide Web.
Molto moderna è la consapevolezza del ruolo che avrebbero svolto i computer portatili una volta diventati abbastanza leggeri e parchi di energia da poter essere usati davvero ovunque e in qualunque condizione immaginabile. Ormai, fra smartphone, tablet e notebook è diventato impensabile usare un computer ancorati solo ed esclusivamente ad una scrivania e ad una presa elettrica (io stesso sto scrivendo queste note con un Macbook Air su un terrazzo a poche decine di metri dal mare).
– Fonte: Daves Old Computers - Osborne.
Ma la vera star dell’articolo è l’Osborne 1, il primo computer portatile commerciale della storia, che qui viene usato per la primissima volta per scrivere e trasmettere delle corrispondenze giornalistiche dalla prima linea, o quasi (il quasi è legato alla necessità di avere a disposizione una linea elettrica e un collegamento telefonico fisico).
L’Osborne 1 era un valigione pesante quasi 11 chili con un monitor microscopico da 5 pollici che, non evendo una batteria, poteva funzionare solo collegato ad una presa elettrica. Definire l’Osborne 1 un computer portatile era audace perfino allora, al massimo si può dire che era trasportabile, e pure con una certa fatica. Oggi equivarrebbe ad andarsene in giro con un computer pesante quanto 9 MacBook Air dotato di uno schermo poco più grande di quello di un iPhone SE.
Nonostante queste pesanti (in tutti i sensi!) limitazioni, l’Osborne 1 si rivela un computer molto affidabile, che riesce a resistere alle sollecitazioni e ai maltrattamenti del viaggio, cavandosela solo con qualche ammaccatura e qualche danno estetico.
La preparazione del viaggio è minuziosa, bisogna risolvere un sacco di problemi tecnici e, non potendo interpellare Google, questo significa dover contattare di persona centinaia di tecnici e di esperti di computer e di telecomunicazioni. Alla fine, la missione si svolge nel migliore dei modi, anche grazie all’aiuto costante di uno di questi esperti, che dagli Stati Uniti riesce a risolvere tutti gli intoppi dell’ultimo minuto.
– David Kline davanti al suo Osborne 1 mentre trasmette un articolo tramite il modem analogico collegato alla cornetta del telefono. Fonte: Microcomputing, luglio 1982.
L’Osborne 1 supera quindi brillantemente la prova del fuoco e da allora il giornalismo non sarà più lo stesso: via le macchine da scrivere, via i telex e le telefonate intercontinentali, avanti i word processor, i modem e i telefoni satellitari.
E naturalmente avanti con i veri portatili. Peccato che la Osborne nel frattempo fosse scomparsa, uccisa dall’incapacità di reggere al suo stesso successo. Ma l’Osborne 1 rimane comunque una pietra miliare nella storia dell’informatica personale.
Chi volesse approfondire la conoscenza dell’Osborne 1 può leggere prima di tutto questa prova dettagliata, per una volta in italiano, pubblicata su MCmicrocomputer di aprile 1982. L’autore è Marco Marinacci, uno dei monumenti dell’editoria microinformatica italiana.
Interessante anche questa pagina web dedicata all’Osborne 1, non se ne trovano molte in giro e questa ha delle fotografie molto belle. Altrettanto interessante è questo video di The 8-Bit Guy, uno dei migliori canali YouTube di retrocomputing che conosca.
Un po’ lunga ma stimolante questa storia dei primi computer portatili, o meglio dei computer dalle dimensioni di una valigetta, come sarebbe più appropriato definirli.
Da non perdere, infine, un secondo articolo di David Kline per InfoWorld del 15 agosto 1983 dal titolo “I portatili rivoluzionano il giornalismo freelance”, nel quale il nostro corrispondente di guerra mostra quanto la situazione sia cambiata in un solo anno e ribadisce il concetto che la tecnologia avrebbe rivoluzionato il mondo del giornalismo e dell’editoria. Non aveva la più pallida idea di quello che sarebbe successo!