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Sopravvivere al coronavirus: scende o non scende?

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 31-Jul-2022 · 8 minuti di lettura
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Sono reduce, mio malgrado, da una polemica su Twitter, relativa alla discesa della curva dei contagi COVID-19, circa la quale avevo affermato un mesetto fa che non sarebbe scesa.

E per i quindici-venti giorni di cui si parlava in quei tweet le cose sono andate proprio così. Una persona normale la chiude lì e pensa ad altro.

Invece, dopo un mese arriva il cinguettante con il quale avevo polemizzato a suo tempo ad informarmi che “ora la curva sta scendendo”, dandomi del “ciglione maledetto” e del “nefasto ipocondriaco” per aver, a suo dire, sbagliato le previsioni.1

Se fossi una persona più accomodante l’avrei lasciato perdere: è vero che ora la curva ufficiale sembra scendere (sembra!), ma fino alla metà di luglio (fino al 12 luglio per essere esatti) è sempre salita, come si può notare guardando i dati giornalieri della Dashboard COVID-19 della Protezione Civile e di Repubblica, o quelli mediati a 7 giorni del Sole 24 Ore (dove il picco è più basso proprio perché è una media). E dato che nel tweet incriminato la previsione si limitava proprio all’inizio/metà luglio, solo un cinguettante da strapazzo può spargere accuse gratuite.

Contagi giornalieri. Fonte: Dashboard della Protezione Civile.

Contagi giornalieri. Fonte: Repubblica.

Media mobile a 7 giorni dei contagi giornalieri. Fonte: Fondazione Sole 24 Ore.

Prima e seconda fase

Ma con i dati ci lavoro e quindi mi sembra utile dire qualcosa su questa benedetta curva dei contagi, spiegando perché sono convinto che i numeri relativi ai positivi di quest’anno siano profondamente diversi di quelli dei due anni precedenti della pandemia. Perché guardare i dati non basta, bisogna anche metterli nel contesto giusto.

Contagi giornalieri, prima fase. Fonte: Dashboard della Protezione Civile.

Nella primissima fase della pandemia, diciamo da marzo a ottobre 2020, corrispondente al primo, durissimo, lockdown e alla successiva tranquillità estiva, il numero di contagi è sempre stato sottostimato a causa della scarsa capacità di analisi dei tamponi. Una cosa che aveva messo a durissima prova sia la strumentazione che gli addetti ai test, tanto che si era arrivati a proporre delle strategie statistiche per analizzare gruppi di pazienti al posto dei singoli individui, con lo scopo di minimizzare il numero complessivo dei test.

In Italia i tamponi venivano effettuati praticamente solo su chi presentava dei sintomi manifesti associabili al coronavirus, sballando tutte le analisi statistiche sulla diffusione reale del virus. Di conseguenza il rapporto fra i contagi stimati e i decessi era altissimo, una cosa che se fosse stata vera sarebbe stata paurosa. Per fortuna questa stima si è rivelata del tutto sballata.

Nei fatti, invece, la diffusione del virus era relativamente bassa, anche in virtù del lockdown rigido imposto dal Governo, tanto che i pochi ammalati (relativamente parlando) soffrivano di una specie di stigma nei confronti del resto della loro comunità di riferimento.

Contagi giornalieri, seconda fase. Fonte: Dashboard della Protezione Civile.

La seconda fase dura più o meno un anno, dalla seconda ondata dell’autunno 2020 fino al tardo autunno del 2021. Qui emergono le prime varianti, si inizia a capire di più su come si diffonde realmente il virus, il numero di test giornalieri cresce significativamente ma soprattutto si riesce a vaccinare in pochi mesi l’intera popolazione italiana, a parte una piccola percentuale di riottosi novax senza cervello che si inventano di tutto per negare la pandemia e accusare i presunti poteri forti di aver messo chissà cosa nei vaccini.

Ora i test aumentano in modo significativo, tanto che il picco giornaliero dei nuovi positivi è circa 7 volte maggiore di quello, pauroso, di fine marzo 2020, mentre il numero di decessi giornalieri non cambia (si veda il grafico qui sotto), a dimostrazione del fatto che ora i test sono meno focalizzati solo su chi mostra già i sintomi della malattia.

Purtroppo, e questo è una degli errori più gravi commessi dai vari tavoli di esperti ministeriali che hanno gestito la pandemia in questi due anni e (quasi) mezzo, non si è mai arrivati ad effettuare i test nel modo statisticamente corretto, analizzando cioè campioni della popolazione scelti a caso e non chi si presenta autonomamente nei centri di analisi o presenta sintomi più o meno associabili al coronavirus. Ma tant’è, purtroppo la matematica e la statistica sono oggetti sconosciuti per la stragrande maggioranza della popolazione ma anche per tanti, troppi, scienziati.

Decessi giornalieri, raffronto fra il primo e il secondo picco. Fonte: Repubblica.

Terza fase

Contagi giornalieri, terza fase. Fonte: Dashboard della Protezione Civile.

La terza fase è quella che stiamo vivendo tuttora, caratterizzata dalla varie varianti Omicron che ha scombinato un po’ tutte le certezze precedenti. Omicron si diffonde in modo velocissimo, e il numero giornaliero dei contagi lo mostra chiaramente. Anche il fatto che i contagi proseguano in modo significativo anche in questo periodo estivo (e nonostante tutte le perplessità sui numeri veri esposte più avanti), mostra come Omicron si trasmetta in modo significativamente diverso dal passato, una cosa su cui non c’è ancora molta chiarezza.

Ma Omicron è per fortuna anche molto meno letale delle varianti precedenti, una cosa che associata ai vaccini porta quasi tutti a ritenere che la pandemia sia di fatto finita o almeno sotto controllo.

Una idea che ha portato negli ultimi due mesi a far cadere tutte le restrizioni, tutte le precauzioni sagge che ci avevano scombinato la vita ma che ci avevano anche protetto dagli effetti più seri del COVID-19.2

E quindi via il Green Pass, via le mascherine, via le precauzioni sugli assembramenti, via tutto, l’estate sta arrivando e bisogna festeggiare la libertà ritrovata.

Ma la terza fase apre la strada anche ai tamponi rapidi fai-da-te, da fare a casa senza controlli sia sul modo di effettuare i test che sui risultati. Per cui tanti fanno il test immediatamente dopo un contatto e risultano negativi, non perché non lo siano ma solo perché è troppo presto per manifestare l’infezione. Oppure non infilano il tampone sufficientemente in profondità nel naso, perché è fastidioso, e quindi il campione di mucosa prelevato non contiene nulla di significativo da analizzare.

E se nonostante tutto risultano positivi, non lo comunicano ufficialmente per non perdere la prossima festa, per non chiudere l’attività o semplicemente per non doversi rinchiudere in casa per una decina di giorni. Andandosene così in giro a contagiare chi gli capita a tiro ed eludendo un isolamento precauzionale che non è solo un obbligo di legge, ma che dovrebbe essere soprattutto un obbligo morale (per chi la morale ce l’ha).

Numeri in libertà

Con questi tamponi fai-da-te amministrati senza controllo,3 associati alla fine del Green Pass e di tutte le misure di protezione e di prevenzione nonché all’elusione delle misure di isolamento precauzionale, come si fa a pensare che il numero dei positivi sia ancora, nell’estate 2022, una metrica affidabile della diffusione reale della pandemia?

La crescita rapidissima del numero di tamponi rapidi venduti nell’ultimo mese supporta questa chiave di lettura: se i tamponi fai-da-te crescono nel tempo e diventano sempre più numerosi in rapporto a quelli amministrati in modo controllato, è evidente che anche l’affidabilità dei dati ufficiali sui positivi tenda a ridursi sempre di più.

Con queste premesse – maggiore trasmissibilità del virus e controlli meno stringenti sulla verifica dello stato di positività – era facile prevedere che, indipendentemente da quello che dicono le cifre ufficiali, i casi reali non sarebbero diminuiti e la discrepanza fra dati ufficiali e dati reali non avrebbe fatto altro che crescere con il trascorrere del tempo.

Alla faccia dei twitterini da strapazzo e dei seguaci sciocchi che li supportano.

  1. Io non mi offendo facilmente, ma “ipocondriaco” non glielo passo. In famiglia mi tacciano proprio del contrario, e direi che i miei familiari ne posano sapere un pelino di più di un cinguettante da quattro soldi. 

  2. Lo so che il virus tecnicamente si chiama SARS-CoV-2, ma qui si parla più che altro della malattia che del virus in sé. E comunque in un articolo di divulgazione come questo è preferibile usare dei termini comprensibili, anche a scapito di perderci un po’ in precisione. 

  3. Il bello (o il brutto) è che proprio ora che i tamponi antigenici sono diventati più precisi, queste decisioni insensate li hanno resi una barzelletta. 

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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