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Il CNR è anche questo: la burocrazia degli acquisti

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 8-Dec-2020 · 7 minuti di lettura
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Negli anni ‘90, prima dell’informatizzazione di massa della seconda metà del decennio, era ancora normale vedere negli uffici pubblici decine e decine di macchine da scrivere. Un moderno modello elettrico a pallina per i dirigenti, o meglio per le loro segretarie, i dirigenti non si sporcavano le mani scrivendo a macchina. Un reperto archeologico (un po’ come il Garand della guerra di Corea che mi avevano dato in dotazione al militare) per gli impiegati di secondo livello, quelli che la macchina da scrivere la dovevano usare davvero tutto il giorno.

Con quegli strumenti rudimentali (se pensiamo a quello che abbiamo a disposizione oggi), con l’aggiunta di qualche fax e di quintali di carta, veniva gestito tutto il normale lavoro di ufficio. Allora mi potevo arrabbiare se un ordine veniva emesso in un mese, ogni giorno perduto poteva significare mancare una buona offerta e spendere di più o semplicemente non riuscire a ricevere in tempo utile uno strumento necessario per quello che si era pianificato di fare.

Ma in quegli stessi anni ‘90 ho anche visto emettere degli ordini in tempo reale, proprio davanti ai miei occhi. Rare volte, lo ammetto, ma è successo. Una volta che le carte e le firme erano a posto, bastava un ultimo controllo veloce dei fondi disponibili e l’ordine veniva stampato ed inviato via fax all’azienda.


Oggi che i computer sono ubiqui e che l’ultimo impiegato amministrativo ha sulla scrivania un computer capace di fare in un amen i calcoli per andare su Marte, ci ho messo più di sei mesi per rinnovare il noleggio di una stampante multifunzione, mentre l’azienda che aveva fatto l’offerta migliore se ne volava via per disperazione. E finendo per spendere il 50% in più.

Oppure devo scrivere una relazione di più di 10 pagine piena di tabelle per giustificare l’acquisto di alcune workstation e di materiale informatico vario, per un totale di 15.000 euro. Che sembrano tanti, ma che in realtà sono una sciocchezza se servono per far lavorare meglio e più velocemente ben 5 colleghi. Senza dimenticare che le workstation sono pagate con i fondi dei progetti faticosamente conquistati da noi stessi, di fatto è come se un chirurgo dovesse trovare da sé i soldi per comprare i camici e i bisturi con cui opera.

E dopo aver chiesto offerte, fatto e ricevuto telefonate, confrontato i preventivi, preparato la relazione, firmato e fatto firmare documenti rimpallandoli via email da un collega all’altro, dopo essere finalmente riuscito a far completare la procedura sul famigerato Mercato della Pubblica Amministrazione (MePA), che mi sento dire? Che ci possono volere da 2 a 3 settimane per far uscire l’ordine dalla pancia amministrativa dell’istituto.

Tre settimane! Con l’azienda che preme perché siamo a fine anno e intanto i prezzi crescono… In tre settimane si va e si torna dalla Luna (e avanza tempo per farsi quasi tutta la quarantena) o si attraversa l’Atlantico in barca a vela, altro che emettere un ordine!


Ma la vera chicca è un’altra.

Tante volte bisogna effettuare degli acquisti urgenti, si rompe un mouse, c’è bisogno di un cavetto, serve un nuovo timbro, bisogna spedire una raccomandata (per tante amministrazioni la PEC è un oggetto sconosciuto, oppure vogliono le PEC ma anche il cartaceo). Proprio per questo sono previsti i cosiddetti acquisti per cassa, normalissimi acquisti in contanti rimborsati dietro presentazione dello scontrino fiscale.

Per anni ed anni la cosa ha funzionato bene, soprattutto quando il gruppo riceveva un fondo cassa periodico a cui attingere (fondo economale nel burocratese imperante). Si era liberi di comprare tutto ciò che serviva, ma bisognava anche auto-regolarsi, perché una volta finiti i soldi disponibili non c’erano santi, si doveva aspettare il rinnovo del fondo cassa per fare nuove spese.

Ora invece, dopo l’emanazione di nuove norme più stringenti per “evitare gli sprechi”, per ogni acquisto cosiddetto urgente io e i mie colleghi dobbiamo:

  1. Compilare un modulo, che curiosamente si chiama “Modulo rimborso spese” anche se in questo momento serve solo per pianificare la spesa e non per chiedere il rimborso, attestando che la spesa ha “carattere di urgenza” oppure che è “difficoltosa ogni altra forma di pagamento”. Nel modulo bisogna indicare la spesa prevista (meglio abbondare, se scrivi una cifra e poi spendi 10 centesimi in più diventa un affare di stato), e la descrizione di quello che devi acquistare.
  2. Indicare da qualche parte nello stesso modulo (non è previsto da nessuna parte, e quindi è difficile ricordarsene sempre) il codice del progetto di ricerca dal quale attingere i fondi. E questo anche se si devono spendere 10 euro e con tanti progetti utilizzabili c’è di sicuro la copertura finanziaria.
  3. Firmare il modulo e farlo firmare al responsabile della struttura, cosa che ora richiede un giro di email e un bel po’ di tempo buttato. Solo questa perdita di tempo costa al CNR, e di conseguenza allo Stato e quindi a tutti noi che paghiamo le tasse, molto, molto di più del valore effettivo della spesa. Ma siamo appena all’inizio.
  4. Il modulo firmato va girato alla/al collega che amministra i fondi, che autorizza la spesa. Bisogna però ricordarsi di inviarlo in CC: anche al responsabile amministrativo, il vero e unico Dio onnipotente dell’istituto. Senza CC: il minimo è beccarsi un cartellino giallo, preferisco non pensare a cosa succede dopo la seconda o terza volta ai colleghi più distratti.
  5. A questo punto si può acquistare finalmente quello che serve. Peccato che magari nel frattempo si sono persi due giorni e magari non si è riusciti a lavorare. Ovviamente bisogna ricordarsi di conservare lo scontrino fiscale, ma questa è l’unica cosa normale dell’intera faccenda.
  6. Una volta fatto l’acquisto bisogna compilare un nuovo “Modulo rimborso spese” (questa volta il titolo è appropriato) per chiedere il… rimborso della spesa. Il modulo è identico a quello del punto 1., ma fa niente perché questa volta bisogna indicare la cifra spesa al centesimo e allegare (virtualmente) lo scontrino fiscale.
  7. Naturalmente serve un nuovo giro di firme fra chi ha effettuato l’acquisto, il responsabile della struttura e chi amministra i fondi, ma questa volta firma anche il responsabile amministrativo e persino il direttore dell’istituto. Tutto questo anche per una spesa di 10 euro.

Fatevi due conti e vedete quanto è costato davvero questo benedetto scontrino. Si farebbe prima a buttarli questi soldi, altro che evitare gli sprechi.


Qal’è l’effetto finale di tutta questa storia? Che i soldi non si riesce letteralmente a spenderli. A meno di non dedicarsi anima e corpo agli acquisti (come purtroppo succede a me in questo momento), mentre si cerca di non farsi troppo male contro il muro di gomma della burocrazia e di non togliere troppo tempo prezioso all’attività di ricerca. Perché non c’è niente da fare, la ricerca richiede di investire soldi, parecchi soldi. Per il laboratorio, per la strumentazione, per i computer, per il software, senza spendere soldi non si va da nessuna parte.

Ma la cosa ancora più incredibile al CNR è che, quando i soldi per qualche motivo avanzano – perché in questo momento si vuole conservare un tesoretto da utilizzare più avanti o, peggio, semplicemente perché non si riesce letteralmente a spenderli in tempo a causa delle lungaggini burocratico-amministrative – se come dicevo i soldi avanzano, a fine anno diventano dei residui che finiscono in un limbo dal quale l’amministrazione centrale si sente auto-autorizzata ogni tanto (o meglio, ogni spesso) ad attingere per soddisfare le sue voglie infinite oppure per coprire degli ammanchi opachi, come ha cercato di fare quest’anno.

Con quale scusa l’amministrazione centrale giustifica tutto questo? Che sono soldi che non abbiamo speso e che di conseguenza non ci servono. Insomma, prima fa di tutto per mettere ostacoli e non farceli spendere, e poi ha pure il coraggio di dire che è colpa nostra! Kafkiano.

O meglio, come dicono più terra terra a Napoli, cornuto e mazziato.

Aveva ragione Jim Morrison, questa è proprio la fine.

https://www.youtube.com/watch?v=xDLQlzTf9Mw

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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