- Fonte: Console di comando per sistema Olivetti ELEA 9003, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
I computer sono oggetti complessi nei quali estetica, ergonomia ed esperienza utente devono fondersi appieno con la tecnologia sottostante.
Sembra di sentire Steve Jobs, invece è quello che pensava Adriano Olivetti già negli anni ‘50.
Adriano Olivetti è stato un visionario, un innovatore in profondo anticipo con i suoi tempi, uno Steve Jobs degli anni ‘50. Tante sue intuizioni sembrano aver anticipato quello che faranno la Apple e gli altri giganti della Silicon Valley moltissimi anni dopo.
Ma quella dell’Olivetti è anche la storia di una occasione mancata, la storia di una azienda che avrebbe potuto essere un leader tecnologico mondiale, ma che una serie di circostanze negative ha relegato in un capitolo tutto sommato secondario della storia dell’informatica.
La storia dell’Olivetti ed in particolare la storia dello sviluppo del magnifico cervello elettronico ELEA 9003, la racconta Elisabetta Mori in un articolo da non perdere assolutamente, The Italian Computer: Olivetti’s ELEA 9003 Was a Study in Elegant, Ergonomic Design.
- Fonte: Il calcolatore Elea 9003 di Ettore Sottsass funziona ancora, Domus, 2018.
Leggendolo si rimane quasi senza fiato. A metà degli anni ‘50 Olivetti intuì perfettamente il ruolo che il computer avrebbe presto avuto nelle aziende, tanto da decidere di costruirne da zero uno da mettere sul mercato. Ci voleva molto coraggio e molta preveggenza per farlo: in quel momento in tutta Italia erano installati appena due o tre computer, usati per scopi prevalentemente scientifici. Il risultato fu l’ELEA 9003 uno dei primi computer a transistor del mondo, sviluppato interamente in Italia e presentato alla Fiera Campionaria di Milano del 1959.1
La Olivetti ha venduto ben quaranta esemplari dell’ELEA 9003, e dopo sessant’anni ce n’è ancora uno perfettamente funzionante, all’ITIS Enrico Fermi di Bibbiena, AR.
Un’intuizione simile la ebbero Steve Jobs e Steve Wozniak trent’anni dopo quando introdussero l’Apple II, il primo personal computer per tutti, in un momento in cui i computer personali sembravano essere destinati esclusivamente ad un pubblico molto ristretto di hobbisti appassionati di elettronica e di programmazione.
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Olivetti intuì anche che i transistor, all’epoca lenti, fragili, inaffidabili, ma con l’enorme vantaggio di essere molto più piccoli delle valvole termoioniche e di dissipare pochissimo calore, sarebbero stati il fondamento dell’elettronica del futuro. E per poter usare i transistor nel suo computer decise di produrli in proprio in Italia, fondando uno stabilimento in collaborazione con la Fairchild Semiconductors, una azienda statunitense appena nata ma che disponeva della tecnologia di fabbricazione più avanzata del momento.2 Da un punto di vista commerciale era un rischio altissimo, da un punto di vista tecnico era un’idea geniale.
Apple produce da tempo i processori per i suoi dispositivi mobili e proprio oggi potrebbe introdurre dei nuovi Mac basati sui suoi processori ARM invece che sui processori Intel utilizzati da tutti gli altri produttori di computer; una prospettiva rischiosa, soprattutto per motivi di compatibilità del software.
Ma le intuizioni di Olivetti non si fermarono alla sola tecnologia. Olivetti aveva capito in anticipo l’importanza del design e dell’ergonomia, anche in un settore apparentemente freddo e specialistico come era quello dei grossi computer dell’epoca. Il progetto estetico dell’ELEA venne affidato a un noto architetto e designer, Ettore Sottsass Jr., con l’obiettivo di realizzare qualcosa che non sembrasse il solito brutto armadio metallico, come erano tutti i computer costruiti fino ad allora. E Sottsass realizzò un capolavoro, bello ma allo stesso tempo funzionale, nel quale il design non era fine a se stesso ma serviva a facilitare l’installazione e la gestione della macchina. Non a caso il progetto dell’ELEA 9003 fece vincere a Ettore Sottsass Jr. il prestigioso Compasso d’Oro del 1959, lo stesso anno in cui Dante Giacosa venne premiato per la Fiat 500.
Anche la presentazione del prodotto alla clientela aveva la sua importanza. Olivetti è stato il primo a trasformare il negozio in un luogo di incontro capace di trasmettere i valori dell’azienda, inserendo i prodotti in un contesto unico e speciale, invece che in semplici scaffali anonimi.
In questo campo i possibili paragoni con la Apple e con Jonathan Ive in particolare si sprecano. Ma giudicate voi se il negozio qui sotto non sembra proprio un Apple Store ante litteram.
- Fonte: La ricerca della bellezza, Fondazione proPosta.
Adriano Olivetti fu il primo in Italia e forse nel mondo a rendersi conto che progettazione, design, commercializzazione sono aspetti importanti, ma che per vendere bene un prodotto bisogna fabbricarlo bene. E per questo, il benessere e la motivazione degli operai è fondamentale. A questo scopo, creò una fabbrica completamente nuova, molto diversa da tutte le altre fabbriche del suo tempo, in particolare dal gigante automobilistico a pochi chilometri da Ivrea.3
- Fonte: La Biblioteca aziendale e il Centro Culturale Olivetti, Associazione Archivio Storico Olivetti, 2019.
Nella sua fabbrica non c’era una divisione netta tra ingegneri e operai, tutti i dipendenti potevano, e dovevano, contribuire con le proprie conoscenze e competenze. I dipendenti avevano a disposizione case, asili, scuole, servizi medici, erano incoraggiati a frequentare la biblioteca dell’azienda e disponevano di una ampia offerta di spettacoli cinematografici, teatrali e musicali. Come una corte rinascimentale, l’azienda accoglieva e supportava finanziariamente artisti, scrittori, disegnatori e poeti, poiché una fabbrica non aveva bisogno solo di tecnici, ma anche di persone in grado di arricchire il lavoro con la creatività e le sensibilità.
Ci vorranno più di trent’anni perché le aziende della Silicon Valley introducano dei concetti analoghi nel loro ambiente lavorativo, anche se (purtroppo) le palestre hanno sostituito le blblioteche.
Cosa è mancato all’Olivetti? Prima di tutto un po’ di fortuna. Adriano Olivetti è morto di infarto a soli 58 anni, subito dopo la presentazione dell’ELEA 9003, seguito pochissimo tempo dopo da Mario Tchou, l’ingegnere responsabile del laboratorio di ricerche elettroniche e del progetto ELEA.
Ma c’è anche la cecità della classe industriale e politica del paese incapace, allora come oggi, di vedere oltre il proprio naso e di ragionare in una prospettiva che andasse oltre l’orizzonte temporale della prossima campagna elettorale. Dopo la morte di Olivetti la FIAT, così lontana dallo spirito innovativo dell’azienda di Ivrea, entrò nel capitale di Olivetti e il suo rigido presidente, Vittorio Valletta, ne diventò amministratore delegato, dichiarando subito che
“La società di Ivrea è strutturalmente solida, potrà superare senza grosse difficoltà il momento critico. Sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può affrontare.”
Ci volle poco per estirpare il neo di Valletta. La divisione elettronica dell’Olivetti fu subito venduta alla General Electric americana, condannando per sempre l’Olivetti e l’Italia all’irrilevanza in un settore che sarebbe presto diventato dominante.
- Fonte: Olivetti Programma 101: la storia ed il design del primo Personal Computer, Inexhibit, 2017.
Nel 1965, pochi anni dopo la sua morte, l’Olivetti produsse la Programma 101, il primo vero personal computer della storia, una macchina che non sfigurerebbe accanto alle creazioni di Jonathan Ive. Un canto del cigno, la testimonianza di quello che sarebbe potuto essere ma che non fu.
Dodici anni dopo arrivò l’Apple II, e il mondo cambiò.
Per saperne di più
- Elisabetta Mori, The Italian Computer: Olivetti’s ELEA 9003 Was a Study in Elegant, Ergonomic Design, IEEE Spectum, 2019.
- Jean Kumagai, The Last Working Olivetti Mainframe Sits In a Tuscan High School, IEEE Spectum, 2019.
- Elisabetta Mori, The Calculator That Helped Land Men on the Moon, IEEE Spectum, 2019.
- Olivetti Early Computers: (at least) two cases of brand making, Conservatoire National des Arts et Métiers Paris, 2013.
- ISIS Enrico Fermi, OLivetti ELEA 9003, il primo calcolatore a transistor.
- Antonio Dini, Il calcolatore Elea 9003 di Ettore Sottsass funziona ancora, Domus, 2018.
- Giuseppe Calogero, Ricordi di Beppe.
- Dalla CEP all’ELEA: Storia di un’impresa, CNR, Istituto di Informatica e Telematica, Area della ricerca di Pisa.
- Mario Tchou, Introduzione all’Elea 9003 Originale.
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L’acronimo ELEA sta per ELaboratore Elettronico Aritmetico, ma è anche un chiaro riferimento ad Elea, la città della Magna Grecia patria di Parmenide e di Zenone. ↩
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La sua SGS, Società Generale Semiconduttori (poi SGS Microelettronica, SGS-Thomson e ora STMicroelectronics), nonostante una vita societaria piuttosto travagliata, è stata uno dei più grandi produttori mondiali di componenti per la microelettronica e l’unica azienda italiana in assoluto operante in questo settore. ↩
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La FIAT degli anni ‘50, era notoriamente piuttosto arcigna nei confronti dei suoi dipendenti, che la ripagavano lavorando al peggio delle loro possibilità (ho sentito con le mie orecchie degli operai FIAT descrivere in modo molto colorito quello che facevano quando un pezzo non voleva saperne di andare al suo posto”). Non a caso in Germania, dove la qualità del prodotto viene al primo posto, l’acronimo FIAT veniva tradotto come “Fehler in Alle Teile”, problemi da tutte le parti. ↩