Macchinetta del caffè. C’è anche un collega, simpatico, divertente, con un passato piuttosto “vissuto”, uno dei migliori colleghi con cui trascorrere la fatidica pausa caffè di metà mattinata.1 A un certo punto inizia a raccontare di quando, da “giovane”, aveva dovuto usare LaTeX per scrivere, di quanto poco gli piacesse e di come trovi Word infinitamente più comodo da usare.
Io dico qualcosa, parlo di riferimenti incrociati, di equazioni, di bibliografia, roba semplice, non mi azzardo a toccare aspetti più sofisticati, semantica, separazione fra aspetto grafico e contenuto, formato dei file e compatibilità futura. Non ho voglia e tantomeno tempo di discutere, tanto so già che non c’è verso di convincerlo, per lui Word è la modernità, il progresso, LaTeX è un reperto archeologico da mettere in soffitta.
Per puro caso, lo stesso giorno mi decido a leggere questo articolo, Weighted differential evolution algorithm for numerical function optimization, che avevo messo da parte da mesi. L’articolo non solo non è un granché, ma è anche impaginato in modo orrendo. Leggere è così fastidioso che non riesco nemmeno a concentrarmi sul contenuto.
C’è chiaramente lo zampino di Word. Il massimo dell’orrore è in questa mezza colonna…
Fig. 1. Esempio di articolo scientifico scritto in Word. A sinistra l’immagine originale di una breve sezione dell’articolo, a destra la stessa immagine con gli errori più gravi messi in evidenza.
Non sono esperto di grafica, ma salta all’occhio perfino a me che la resa finale è sciatta e poco professionale. Nell’immagine a destra ho provato a segnare gli errori più marchiani in ordine (personale) di importanza, (1) la spaziatura eccessiva fra le parole, (2) le formule matematiche inconsistenti, (3) gli spazi arbitrari all’inizio della riga, ma sono sicuro di non essermi accorto di qualche altro e(o)rrore. Ho anche messo in evidenza in giallo due formule con spaziature differenti del segno di “=” (la seconda è sbagliata).
E allora ho voluto provare cosa veniva fuori con LaTeX. Ho scaricato dal sito della rivista che aveva pubblicato l’articolo il package per LaTeX e ho riscritto l’articolo con quello che tanti (non solo il mio collega) considerano solo un reperto archeologico.
Il risultato, considerando solo la sezione incriminata, è qui sotto, a sinistra si può vedere l’originale in Word, a destra l’equivalente in LaTeX con le marcature corrispondenti ai vari “errori” di Word (le stesse immagini senza marcature sono disponibili qui).
Fig. 2. Confronto fra Word e LaTeX. A sinistra l’immagine dell’articolo originale in Word, a destra la stessa sezione riscritta in LaTeX.
Tengo a precisare che non ho fatto niente per “aggiustare” l’output di LaTeX (infatti il numero dell’equazione è sbagliato), mi sono limitato ad usare lo stile fornito dalla rivista, che utilizza dei font differenti da quelli con cui vengono impaginati gli articoli pubblicati, probabilmente perché sono di proprietà della casa editrice (Springer).
Ma, a parte al questione font, il confronto fra Word e LaTeX è impietoso: LaTeX riesce a spaziare le parole senza creare “buchi” antiestetici, le righe sono allineate perfettamente, le formule sono scritte in modo consistente e gradevole da vedere, che rende più facile capirne il significato. Anche l’unica equazione fuori testo ha quel tanto di spaziatura dal resto del testo che riesce a metterla in evidenza, come è giusto che sia.
Niente male per un software “vecchio” da mettere in soffitta, sviluppato solo perché all’autore non piaceva come era stato impaginato il suo ultimo libro.
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Da oggi in effetti è un ex-collega. ↩