– Fonte: Cristina Gottardi su Unsplash.
C’è qualche morale da trarre dalle storie raccontate nelle due puntate precedenti (clicca qui per leggere la prima parte e la seconda parte)?
Il primo negozio in cui ho cercato il cacciavite adatto a rimuovere la batteria del mio MacBook Pro è uno dei più grossi punti vendita della regione nel settore della ferramenta professionale e del fai-da-te. Il negozio ha una clientela variegata che va dall’artigiano al piccolo rivenditore, dall’appassionato di bricolage alla famiglia in cerca di accessori per la casa. I commessi sono abbastanza competenti e disponibili, il vero problema è riuscire a trovarne uno vista la scarsità di personale in rapporto alle dimensioni del negozio.
In compenso, come tanti altri grossi centri commerciali, anche questo negozio si è adeguato alle nuove abitudini dei consumatori e offre la possibilità di restituire o di sostituire qualunque prodotto entro un termine ragionevole di tempo, come è normale per gli acquisti online. Non lo fa certo per seguire la moda del momento o perché sono “buoni” e vogliono venire incontro al cliente. In realtà, consentire di restituire un eventuale acquisto sbagliato serve più che altro a compensare la mancanza di personale che possa aiutare e consigliare i clienti durante gli acquisti.
Dal punto di vista umano non sarà il massimo, però almeno comprare qui è poco rischioso: se si sbaglia prodotto perché non si è riusciti a trovare qualcuno che avesse il tempo e la possibilità di consigliarci adeguatamente, si è sempre in tempo a correggere l’errore, un vantaggio non da poco per il cliente. Tutto sommato, dubito che risenta particolarmente della concorrenza dei negozi online, primo fra tutti Amazon.
L’altro negozio è tutta un’altra storia. Fino a qualche anno fa era molto più grande e molto più specializzato, una specie di punto di incontro obbligato per un pubblico di appassionati e di professionisti nel campo dell’elettronica e dei computer. Ci si poteva trovare di tutto, dalle resistenze ai circuiti integrati, dal materiale per produrre circuiti stampati alla strumentazione di misura semi-professionale, oltre che naturalmente schede e accessori vari per il computer.
Ma la crisi ha morso pesantemente, la concorrenza dei negozi online di materiale elettronico (non solo Amazon, ma soprattutto RS Components, Digi-Key, Adafruit o negozi analoghi) è fortissima, a un certo punto il negozio originale non ce l’ha fatta più e si è trasferito in un locale molto più piccolo a pochi metri da quella originale. Dove però vende più che altro cinesate da quattro soldi, niente a che vedere con il materiale di qualità di qualche anno fa. Se poi il negoziante è antipatico, non si fida dei clienti,1 tratta con modi bruschi i pochi che osano varcare la soglia del suo negozio, non offre prodotti di qualità, non ha molto senso tornarci un’altra volta.
Una delle cose migliori di un negozio fisico è il fatto di avere qualcuno con cui confrontarsi, al limite anche solo per fare due chiacchiere – con il mio edicolante succede quasi sempre – se il negoziante non riesce, o non vuole, entrare in sintonia con il cliente, allora è meglio l’impersonalità del negozio online. Sarà pure freddo, solitario, ma almeno si può comprare quando e come si vuole, e si risparmia pure. E se qualcosa non piace o non va bene, la si rimanda indietro e amici come prima.
Tanti sostengono, e con qualche ragione, che Amazon sta distruggendo il commercio tradizionale. Però a mio avviso una bella fetta di colpa ce l’hanno gli stessi commercianti. Se per farsi sostituire in garanzia una pendrive da pochi euro il cliente deve affrontare una procedura così fastidiosa come quella che ho descritto qualche giorno fa, perché si sa a priori che il venditore non è disposto a farsene carico facilmente, è chiaro che c’è qualcosa che non funziona.
È vero, non ho nemmeno provato a chiedere la sostituzione in garanzia della pendrive a chi me l’aveva venduta, ma solo perché tante esperienze passate (una l’ho anche raccontata qui più di tre anni fa) mi hanno insegnato che tornare da MediaWorld, Unieuro o quello che volete dicendo “Ho comprato questo …….. [riempire i puntini a piacere] ma non funziona”, significa sottoporsi ad una prova eroica di pazienza e di sopportazione che non tutti sono in grado di superare.
Ricordo ancora molto bene quello che successe qualche tempo fa da MediaWorld. Avevo comprato un mouse, un volgarissimo mouse con il filo, che non ne voleva sapere di funzionare. Torno indietro dopo un giorno o due, con il mouse impacchettato come si deve e lo scontrino regolamentare, e mi indirizzano da un commesso che mi non crede a prescindere. E che passa una mezz’ora a cercare di far funzionare a tutti i costi il mio mouse, infilandolo praticamente in tutti i computer che aveva sotto mano e sostenendo che fosse solo una questione di driver. Ovviamente il fatto che gli dicessi che l’avevo usato con il Mac, dove non serve nessun driver per far funzionare un mouse, non faceva che rafforzargli l’idea che fra i due l’imbecille fossi io, povero utente Apple incapace di mettere le mani nelle fini intricatezze del sistema operativo a Finestre. Alla fine l’ho spuntata, ma la tentazione di strozzarlo è stata forte come non mai.
Ripetere tutto ciò per una banale pendrive, dovendo ammettere per forza di averla formattata e per di più in HFS+ (ma sarebbe lo stesso anche se avessi usato NTFS), sarebbe stato troppo anche per uno con la pazienza di Giobbe. Figuriamoci per me!
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Solo dopo essere uscito dal negozio mi sono reso conto che forse il negoziante credeva che avrei usato il cacciavite una volta, riportando poi indietro tutto il set per farmi restituire i dieci euro. Come se il gasolio me lo dessero gratis! ↩