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Da melabit a melabit: la scelta del dominio

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 5-Jun-2018 · 5 minuti di lettura
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Se la scelta del servizio di hosting più adatto alle nostre esigenze è difficile, ancora più complicata è la scelta del nome di dominio (o solo dominio), cioè del nome univoco assegnato ad un sito web, che lo caratterizza e lo rende facile da ricordare, come ad esempio www.google.com, www.debian.org oppure www.nomesito.it.

Breve lezioncina preliminare (sono noioso, ma bisogna pure capirsi). Un dominio è composto da tre parti separate da punti: la prima parte è il noto acronimo www (cioè world wide web), una specie di marchio di riconoscimento del web (come la @ per la posta elettronica) che ormai viene usato sempre più di rado.1

La parte finale è detta dominio di primo livello (o TLD, Top Level Domain) e serve ad identificare la tipologia del sito web (.com per i siti commerciali, .org per quelli senza scopo di lucro) oppure la nazione dove opera il sito (.it). Però, dopo la liberalizzazione dei TLD, queste definizioni sono diventate sempre meno significative.

Infine la parte di mezzo è il nome dell’host (google, debian oppure nomesito negli esempi di sopra), la parte del nome di dominio che caratterizza veramente il sito.

Aggiungendo il metodo di accesso, http:// o ormai quasi sempre la versione sicura https://, si ottiene l’URL, cioè la stringa univoca https://www.nomesito.it, che permette al browser di accedere al sito web desiderato.

Finita la lezione, veniamo alla parte più significativa dell’articolo: come si fa a scegliere il nome di dominio più adatto per il nostro sito? Le regole di base sono già tutte in questo articolo, inutile ripeterle un’altra volta.

Per una volta voglio usare un approccio più pratico e raccontare come e perché ho scelto proprio melabit come nome di dominio per questo sito, applicando senza nemmeno saperlo alcune delle regole contenute nell’articolo appena citato. Tre regole in particolare: volevo un nome di dominio che fosse breve e facile da scrivere, e che una volta letto non sembrasse qualcosa di diverso e imprevisto. Perché la ragione conta, ma il caso ha sempre il suo bel daffare a metterci i bastoni fra le ruote.

La primissima idea di tenere un blog personale non è mia, ma dell’amico Lucio Bragagnolo, che molto gentilmente mi aveva invitato ad aprirne uno su Macworld Italia. Si doveva chiamare “iLife of Brian”, un bel gioco di parole con il nickname che uso più o meno sempre su internet (con qualche variazione).2 Ho ancora il testo del post di presentazione, che non ho mai pubblicato perché intanto Macworld ha chiuso su due piedi.

Ci ho pensato e ripensato e alla fine ho deciso di fare da solo. Ma senza più l’ombrello protettivo di Macworld ho escluso immediatamente di chiamarlo “iLife of Brian”, i motori di ricerca non l’avrebbero mai trovato. Provate a cercare “iLife of Brian” su Google (ma anche su Bing, su DuckDuckGo, su quello che vi pare), vi verrà fuori solo e sempre qualcosa dei monumentali Monty Python. Il confronto era improponibile.

Allora ho preso il fidato nvALT, che uso molto più di Notes per buttare giù degli appunti veloci, e ho cominciato a buttare giù una serie di nomi per il blog. Poi li ho messi in ordine (si può fare a mano, ma sapere usare un po’ il Terminale può essere utile anche per queste cose) e mi sono messo a cercare su internet se erano disponibili o no.

C’è voluto un po’ di tempo e di pazienza, e alla fine è venuta fuori questa lista. Nella colonna di sinistra sono finiti tutti quelli già utilizzati, un vero peccato perché alcuni erano veramente carini. Rimanevano quelli della colonna di destra.

A questo punto ho cominciato a tagliare. Alcuni nomi erano troppo lunghi e complicati (mactechbit, openappletech), spesso troppo anglosassoni per un blog destinato volutamente ad un pubblico italiano (openmactools, toolsformac). Poi c’erano i nomi troppo caratterizzati verso aspetti molto particolari del mondo Mac (melaprog, scientificmac) mentre io volevo mantenere la possibilità di di scrivere di tutto quello che mi piaceva (e mi interessava). Tagliati anche loro senza pietà.

Alla fine mi ero deciso per melaperta. Poi quasi per caso, mentre lo ripetevo mentalmente, mi sono accorto che poteva essere scambiato per un sito per adulti (provate anche voi e ditemi). Avrebbe fatto molto bene alle statistiche di accesso, lo so, ma ho tagliato anche melaperta senza pietà.

Il nome immediatamente successivo era l’unico che non aveva controindicazioni, ed è così che è nato melabit.

Per approfondire

Da melabit a melabit, la serie completa degli articoli

  1. Dato che ormai il web è diventato onnipresente, l’acronimo www non è più indispensabile per riferirsi ad un sito, e quindi si può usare solo google.com (detto dominio nudo o naked) al posto di www.google.com

  2. Nickname che deriva sia dal film più famoso dei grandi Monty Python, sia dal nome di uno dei fisici con cui più ho avuto a che fare, Brian Josephson, uno capace di vincere un premio Nobel pubblicando un solo articolo significativo. Tanto che subito dopo si è praticamente rimbambito

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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