Qualche mese fa ho scritto di Docs.com, un servizio di condivisione gratuita di documenti con qualche problema di privacy, dovuto però più alla ignavia dei suoi utilizzatori che a colpe reali di Microsoft.
Ora Microsoft decide di mettere in pensione Docs.com, sostituendolo con SlideShare, un’altra piattaforma di condivisione di documenti (originariamente solo presentazioni) acquisita tempo fa da Microsoft insieme a LinkedIn.
La transizione non è automatica, anzi. Il massimo che si può fare è spostare i documenti condivisi da Docs.com al proprio account su OneDrive (ammesso che lo spazio disponibile sia sufficiente) per poi condividerli di nuovo, a mano, su SlideShare. Forse così Microsoft pensa di risolvere i problemi legati alla condivisione di documenti contenenti dati sensibili, ma di certo è una bella seccatura per chi utilizza il servizio.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che questo è il secondo annuncio di chiusura di un servizio internet che ricevo in una settimana. Il primo è arrivato da Meldium, un servizio web di gestione delle password, acquisito qualche anno fa da LogMeIn.
Qui la ragione addotta per la chiusura del servizio è la sovrapposizione delle funzioni di Meldium con quelle di LastPass (altra acquisizione di LogMeIn) e la necessità di evitare frammentazioni inutili.
E anche in questo caso la migrazione da Meldium a LastPass (ottimo servizio, peraltro) non è né semplice né indolore, basta una occhiata per accorgersi che non è assolutamente alla portata dell’utente medio.
Internet, è vero, è un ribollire di iniziative, di servizi che nascono e che muoiono di continuo, ma se per una startup può essere normale chiudere senza troppi ripensamenti, da grossi calibri come LogMeIn o, a maggior ragione, Microsoft, ci si potrebbe aspettare più stabilità, o perlomeno una maggiore attenzione alle esigenze dei propri utenti.
LogMeIn non è nuova a queste chiusure improvvise. Anni fa aveva messo su Cubby, un servizio che voleva (senza troppo successo) far concorrenza a Dropbox e a SugarSync, trasformandolo improvvisamente in un servizio a pagamento, con buona pace di chi lo stava usando fidandosi del fatto che lo spazio offerto gratuitamente fosse disponibile per sempre.
Il già citato SugarSync qualche anno fa era un servizio di condivisione migliore di Dropbox. All’improvviso è diventato un servizio solo a pagamento, obbligando chi lo usava a scegliere se pagare prezzi decisamente fuori mercato o cambiare servizio. E magari anche a cambiare sistema operativo, visto che ha pure smesso di sviluppare la versione per Linux del suo software di sincronizzione. Sarei proprio curioso di conoscere chi è disposto a spendere 9.99 dollari al mese per avere 250 GB di spazio sul cloud con SugarSync, quando allo stesso prezzo Dropbox offre 1 TB, e da qualche giorno iCloud arriva a ben 2 TB.
Perfino Microsoft fino ad un anno fa offriva gratuitamente 15 GB a tutti gli utenti, per sempre. Poi all’improvviso ha deciso di ridurre lo spazio gratis a soli 5 GB. Una vera e propria sollevazione popolare l’ha costretta a tornare su suoi passi, consentendo agli utenti di vecchia data (e solo a loro) di mantenere i 15 GB precedenti.
Per quello che mi riguarda, diffido a priori di chi su internet propone servizi gratuiti per tutta la vita. E ho parecchi dubbi anche nei confronti di quelli a pagamento.1
Perché troppo spesso la vita di un servizio su internet è più breve di quella di una farfalla.
-
Infatti preferisco pagare mensilmente (o al più ogni anno) i servizi a cui sono abbonato. ↩