Qualche giorno fa una bella domanda di andy69 su QuickLook mi ha stimolato ad elencare quelle che, secondo me, sono le distribuzioni di Linux più adatte per la vita di tutti i giorni.
L’argomento mi interessa parecchio e ho pensato di riprenderlo e di estenderlo un po’ in questo articolo.
Tante distribuzioni, troppe distribuzioni
Le distribuzioni di Linux sono troppe. E sono quasi tutte inutili, semplici rimasticature delle distribuzioni maggiori.
Ho cercato su Distrowatch le distribuzioni che contengono una qualunque versione di bash
(se manca bash che distribuzione è?) e sono venute fuori ben 759 distribuzioni diverse, di cui solo ben 266 attive. Con tar
(idem) i risultati sono simili: ci sono 751 distribuzioni che lo contengono, di cui 263 sono attive.1
Di queste alcune sono iper-specializzate, vedi Fermi Linux, sviluppata al FermiLab, il concorrente USA del CERN. Oppure GParted Live e Clonezilla, che servono a partizionare o produrre immagini complete di backup del disco rigido, e openmediavault, una distribuzione specifica per i sistemi NAS.
Ma il mondo ha veramente bisogno di Linux Mangaka, Korora Project, wattOS, o di Voyager Live?
Del resto uno dei problemi della mancata affermazione di Linux sul Desktop è proprio la eccessiva frammentazione della piattaforma:2 gli utenti sono confusi e non sanno che distribuzione scegliere, per gli sviluppatori è ancora peggio perché già supportare solo le distribuzioni maggiori è un grattacapo non da poco.
E allora facciamo un po’ di spazio e vediamo quali sono le migliori distribuzioni di Linux, intendendo con questa espressione le distribuzioni veramente utili, adatte all’utente che voglia usare Linux al posto di Windows o di (non si sa mai!) macOS/OS X per il suo lavoro di tutti i giorni, ma che sappia poco o nulla di sviluppo del software o di amministrazione dei sistemi operativi.
Quali distribuzioni?
Cercare di stabilire quali siano le migliori distribuzioni di Linux significa scatenare una guerra di religione peggiore della grande guerra fra Commodoriani e Sinclairisti, durata per gran parte degli anni ‘80.
Però, anche se non è il caso di parlare di distribuzioni migliori o peggiori in assoluto (dipende moltissimo dall’uso finale, un desktop ha richieste ben diverse da quelle di un server o di un NAS ), si può provare ad elencare quelle più adatte per essere usate ogni giorno dagli utenti che vogliano lavorare con Linux e non pasticciare continuamente con il sistema.
Tutte opinioni personali, sia ben chiaro, decine di altri articoli su carta e su web presentano le cose in modo ben diverso.
Debian
Dal mio punto di vista non c’è storia, la distribuzione Linux che preferisco in assoluto è Debian. Uso Debian dal 1997, l’ho installata per la prima volta sul mio Compaq 386 portatile caricando pazientemente decine di floppy disk e aggiustando a mano le modeline dello schermo.
Debian ha parecchie asprezze iniziali e un po’ di fissazioni sul software installato di default. Ma una volta attivata la sezione non-free, che consente fra l’altro di installare i driver specifici per la propria scheda grafica (avere una scheda grafica di qualità ed usarla con i driver generici è una vera assurdità) e dopo essersi documentati un po’ in rete sugli aspetti più ostici, gli aspetti positivi di Debian vengono fuori alla grande.
Su tutti la facilità di installazione del software: per questo non c’è sistema migliore di Debian, nemmeno l’App Store arriva allo stesso livello di comodità d’uso.
Anzi, il concetto stesso di App Store centralizzato è stato inventato proprio da Debian: tutti i pacchetti software (package) accettati nella distribuzione sono disponibili negli archivi (repository) ufficiali, non c’è bisogno di andarli a cercare qui a là per la rete come succede purtroppo con RedHat e derivate (vedi sotto). Tanto per dare una idea, in questo momento in Debian ci sono oltre 40.000 package disponibili, che soddisfano praticamente tutte le necessità degli utenti.3
Una volta selezionato un package per l’installazione, il sistema di gestione dei pacchetti apt
è in grado di selezionare ed installare automaticamente tutte le dipendenze, cioè i pacchetti e le librerie da cui il package selezionato dipende.
Ormai anche in Linux si sta affermando un metodo diverso di distribuzione del software, con il quale tutte le librerie e i file accessori vengono inglobate nel pacchetto principale (bundle), lo stesso meccanismo che esiste da sempre in Mac OS X (e prima in NeXTSTEP). Ma vent’anni fa lo spazio sugli hard-disk non era abbondante come oggi ed il meccanismo messo a punto da Debian riusciva a trovare un buon equilibrio fra lo spazio occupato sul disco rigido e la facilità d’uso. Non è certo un caso che alla fine quasi tutte le distribuzioni concorrenti l’abbiano adottato.
Linux Mint
Il difetto principale di Debian è anche il suo pregio (per chi lo apprezza): bisogna configurare quasi da zero il proprio sistema, scegliendo in fase di installazione cosa farà la macchina e di conseguenza la base software da installare (che si può estendere facilmente in seguito). Anche l’aspetto grafico va definito praticamente a mano, scegliendo il tema grafico, lo sfondo, le icone, fra le migliaia e migliaia di opzioni disponibili.
Tutto ciò è molto flessibile per chi sa come muoversi, ma contribuisce anche a disorientare l’utente alle prime armi.
Linux Mint è un buon compromesso: base derivata da Debian (e perfettamente compatibile con la distribuzione principale), ma tema grafico ben definito e piuttosto accattivante, anche per chi è abituato al Mac. Non chiedetemi però la differenza fra le versioni “Cinnammon” e “MATE” di Mint, perché non me la ricordo mai. La versione “Xfce” va bene per chi vuole ridurre il peso del sistema grafico sul proprio computer, mentre la “KDE” va bene per chi vuol farsi male da solo.
Ubuntu
Ubuntu è una derivazione di Debian, che in pochi anni è diventata la distribuzione più diffusa di Linux.
All’inizio era una vera bomba, l’ho usata e consigliata parecchio, mi sono perfino registrato per ricevere i CD/DVD delle nuove release che distribuivo a chiunque mi capitasse a tiro (parliamo di tempi in cui scaricare un intero CD o peggio un DVD dalla rete era una impresa preclusa a chi aveva solo una connessione via modem alla rete).
Poi Ubuntu è cresciuta, forse troppo ed ha perso il suo smalto. Aggiornare Ubuntu da una release all’altra è una impresa quasi impossibile (o almeno, è una impresa che porta un sacco di grattacapi) e anche il fatto di promettere da anni innovazioni strepitose che poi non si concretizzano mai (leggi Wayland prima e Mir poi, i server grafici che avrebbero dovuto rimpiazzare il venerando X, attesi dal lontano 2010 e non ancora diventati realmente usabili, o Ubuntu Phone che ha fatto più o meno la fine del corrispettivo Microsoft).
openSUSE
A parte Debian, l’altra distribuzione che mi è sempre piaciuta è SuSE Linux o meglio, come si chiama oggi la versione desktop, openSUSE. Una distribuzione tedesca, precisa e rigorosa come chi l’ha sviluppata, la prima che ha sviluppato uno strumento integrato di configurazione e di gestione di tutto il sistema operativo. Anche l’installatore qualche anno fa era avanti anni luce rispetto alle altre distribuzioni.
Non la uso, se non occasionalmente, da parecchio perché ha qualche problema con Parallels, che è ormai lo strumento principale con cui uso Linux oggi (vediamo se con la beta di quest’anno si riesce a migliorarne il supporto).
Potrebbe essere interessante provarla con la versione Lite di Parallels, che viene distribuita gratuitamente da qualche giorno sull’App Store.4
RedHat, Fedora, CentOS?
Non voglio parlare qui di RedHat e derivate, come Fedora e CentOS. Non mi sono mai piaciute e quindi non le uso. Ci ho provato ogni tanto con RedHat, ma ho sempre lasciato perdere.
Uso ogni tanto su un server una versione specifica di CentOS, richiesta dal software scientifico professionale (e piuttosto costoso) che ci gira sopra. E ogni volta che lo faccio mi chiedo come si faccia ad avere la pazienza di andare a cercare per ogni dove i pacchetti software che servono. Forse è colpa mia che non so gestire al meglio questo tipo di distribuzioni.
Pixel
Se avete un vecchio computer a cui dare nuova vita, Pixel è la distribuzione che fa per voi. Pixel è una distribuzione sviluppata originariamente per il Raspberry Pi – il microcomputer a bassissimo costo tanto popolare fra chi vuole riuscire a mettere le mani dentro un computer e fargli fare le cose più impensate e impensabili – ed è stato poi portato ai computer con processore Intel.
Pixel gira molto bene sui Raspberry Pi più recenti, e a maggior ragione può andare a pennello per il vecchio portatile buttato in cantina a prendere polvere, che è a priori molto più potente di un qualunque Raspberry Pi.
Un discorso analogo vale per Elementary OS, per il quale esiste un progetto dedicato specificatamente ad installarlo sul Mac, in parallelo a macOS/OS X. Interessante questo racconto dell’esperienza di un utente Mac, deluso dalle ultime novità hardware prodotte da Apple.
FreBSD
FreeBSD non è Linux, ma rappresenta la base UNIX originale su cui si fonda macOS/OS X. Di conseguenza può essere un’ottima alternativa a Linux per chi usa il Mac. In pratica, le differenze fra FreeBSD e Linux sono minime (o quasi) e spesso comprensibili solo a chi è particolarmente competente di sistemi operativi e sviluppo del software. Lo stesso vale per i tanti derivati di FreeBSD, fra cui non si possono non menzionare NetBSD, che gira praticamente ovunque o OpenBSD, particolarmente focalizzato sulla sicurezza).
Stabile o instabile?
Nessun dubbio su questo: chi vuole iniziare ad usare Linux deve scegliere la versione stabile di Debian (o di qualunque altra distribuzione), lasciando le versioni di test o peggio quelle instabili (chiamate sempre e non a caso “sid” su Debian)5 per il futuro, quando si avrà più esperienza e pratica con Linux. È meno divertente ma di sicuro è molto più conveniente.
Per uno sviluppatore anche sid può andare bene come distribuzione da usare tutti i giorni, e spesso è più stabile di tanti altri sistemi operativi, ma il solo fatto di dover aggiornare decine e decine di pacchetti ogni giorno non è di certo una cosa adatta all’utente normale, che voglia usare il proprio computer per lavorare e non per giocare con il sistema (cosa peraltro bellissima per chi lo sa fare).
Conclusioni
Linux può essere una bella esperienza anche per un utente Apple. Si può installare senza troppi problemi sul proprio Mac, in parallelo a macOS/OS X. Si può installare in una macchina virtuale gestita da VirtualBox (gratuito) oppure da Parallels o VMWare Fusion (a pagamento, ma c’è anche la versione Lite di parallels citata prima), senza toccare nulla sul Mac. O si può usare per far rivivere un vecchio Mac lasciato in un angolo, persino un modello con processore PPC su cui può girare al massimo Leopard.
E non c’è niente di meglio per far rivivere un vecchio Netbook, macchine popolarissime dieci anni fa, nate con Linux ma uccise dalla Microsoft dell’era Ballmer, che pretendeva di farci girare Windows pur con limitazioni hardware tanto stringenti quanto assurde.
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Sarei proprio curioso di sapere quali distribuzioni non contengono
bash
otar
e perché. ↩ -
Il discorso vale più o meno negli stessi termini anche per Android. ↩
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Come se non bastasse, ci sono ulteriori repository non ufficiali, che soddisfano necessità più specifiche e che possono essere aggiunti facilmente alla lista dei repository standard. ↩
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Purtroppo con Parallels (ma anche con VMware se è per questo), il vero scoglio non è tanto installare la distribuzione quanto installare i tool di supporto specifici dell’emulatore, che servono a migliorare l’interazione fra il Mac e la macchina virtuale. ↩
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I nomi delle distribuzioni Debian sono tratti tutti da Toy Story (film straordinario); Sid è il ragazzino cattivo che distrugge i giocattoli per il puro piacere di farlo. ↩