Copyright Jason Snell/Macworld (2016).
Eccoci arrivati (finalmente!) all’ultima parte dell’analisi dei MacBook Pro presentati a fine ottobre. Se le critiche espresse finora si sono focalizzate sulle caratteristiche generali dei nuovi portatili, sul processore e sui limiti della memoria RAM installata, tutti aspetti critici per tanti professionisti che hanno bisogno di macchine con caratteristiche hardware di avanguardia, questa è la volta di dire qualcosa sui connettori che collegano il MacBook Pro late 2016 con le periferiche esterne, un argomento che dovrebbe interessare (e in parte preoccupare) tutti (o quasi) gli utenti dei nuovi notebook Apple.
USB-C e Thunderbolt 3
I MacBook Pro presentati il mese scorso hanno esclusivamente quattro porte USB-C, collocate simmetricamente sui due lati del portatile e che supportano anche le periferiche Thunderbolt 3 (tranne il derelitto modello sub-entry-level da 13 pollici senza touch bar, che dispone solo di due porte combinate USB-C/Thunderbolt 3).
Decisione tecnicamente ineccepibile: USB-C è un bel passo avanti rispetto alla USB 3 e Thunderbolt 3 è il doppio più veloce della già velocissima generazione precedente, quella usata ad esempio nel Mac Pro.
Decisione insensata dal punto di vista pratico: rimuovere da un portatile tutte le connessioni legacy (se così si può dire, in realtà USB 3, Thunderbolt 2, DisplayPort, HDMI e così via vecchie non sono di certo) crea un marasma di complicazioni per chi deve usare il notebook in mobilità e deve interfacciare con il mondo esterno.
Apple è abituata a precorrere i tempi, ad adottare in anteprima nuove tecnologie di connessione promettenti o a mettere brutalmente in pensione quelle che stanno per diventare obsolete. È successo con USB e con Firewire, è successo più di recente con Thunderbolt, Lightning o con il jack della cuffia dell’iPhone 7. Però, accidenti, non si possono cambiare tutte le porte di interfaccia ogni volta che esce un nuovo Mac!
iMac G3 e Mac Pro 2013
Qualcuno potrebbe obiettare che una cosa simile è già successa con l’iMac G3 del 1998, il modello che ha segnato la rinascita di Apple dopo anni di buio e di difficoltà economiche, nel quale vennero messe definitivamente in pensione le porte ADB, SCSI, seriale e parallela (quelle sì legacy, ormai tenute invita solo dal respiratore artificiale!), sostituendole con la promettente, ma ancora semisconosciuta, porta USB.
Non è esattamente così, ci sono differenze sostanziali rispetto ad ora.
L’iMac G3 era una macchina che rompeva completamente gli schemi in base ai quali erano stati costruiti i computer fino ad allora, tornando in parte all’idea del Macintosh originale. Naturale quindi rimuovere i legami con il passato, togliendo non solo l’ormai inutile floppy-disk, ma anche tante interfacce ormai decotte. E comunque la transizione era comunque molto meno netta di quella attuale e l’iMac G3 conservava una serie di porte standard – Firewire, Ethernet, modem – per le quali non esisteva ancora un equivalente USB adeguato. Infine, ed è l’aspetto più importante, l’iMac G3 del 1998 era una macchina desktop, fatta per rimanere fissa (o quasi) su una scrivania; dover usare degli adattatori per collegare le porte USB (o Firewire) alle periferiche più anziane ancora dotate delle interfacce non più presenti sull’iMac non era poi tanto grave, a parte il fastidio di avere un intrico di cavi dietro il Mac e sulla scrivania.
Più o meno lo stesso si può dire per MacBook del 2013, un’altra macchina che rompeva gli schemi esistenti (ma molto meno fortunata dell’iMac G3). Nonostante fosse basata sull’interfaccia Thunderbolt (versione 2) per connettersi alle periferiche esterne indispensabili per una macchina professionale (arrivando a configurazioni estreme come questa), manteneva comunque per compatibilità le porte più usate e popolari, USB 3 ed Ethernet.
Adattatori, adattatori, adattatori
Questa volta invece Apple ha deciso di dare un taglio netto con il passato e di inserire solo porte USB-C sui nuovi MacBook Pro, compatibili anche con le connessioni Thunderbolt 3, che utilizzano lo stesso connettore.
Un’idea veramente insensata, soprattutto per una macchina destinata (almeno nel nome) agli utenti professionali.
Come la mettiamo con i tanti che hanno investito migliaia di euro in periferiche Thunderbolt (versione 2), che improvvisamente sono diventate incompatibili con i nuovi notebook professionali? O con quelli che usano ancora periferiche Firewire, monitor con ingressi Display Port o HDMI o che vogliono collegarsi alla rete tramite la porta Ethernet, molto più performante ed affidabile del WiFi? Buttiamo via tutto e ricominciamo da zero con nuovi dischi e nuovi monitor, solo perché abbiamo comprato l’ultimo notebook professionale di Apple?
Ci sono gli adattatori. È vero, ma a parte che gli adattatori costano (e non poco, non è certo un caso che Apple ha deciso di ridurre temporaneamente il prezzo dei sui adattatori per placare l’ira di tanti utenti) e rappresentano un ulteriore sorgente di inaffidabilità, sono proprio curioso di sapere che senso abbia ridurre di qualche centinaio di grammi il peso del MacBook Pro se poi ci si deve portare dietro decine di cavi e cavetti che messi insieme pesano ben di più, con la paura di dimenticare proprio l’adattatore indispensabile.
E poi ci sono adattatori e adattatori: usare un adattatore per un monitor esterno mi può importare poco, tanto una volta installato rimane lì fisso a fare il suo lavoro. Ben altra cosa sono gli adattatori dei dischi.
Sono in viaggio, quanti adattatori USB-C/vattelappesca devo portarmi dietro? Almeno uno, meglio due, per collegare le periferiche USB, altrimenti come faccio se devo collegare una chiavetta USB o un disco rigido esterno? Probabilmente almeno un’altro per i dischi esterni Thunderbolt 2 (non dimentichiamo che stiamo parlando di utenti professionali). E poi un adattatore per la porta Ethernet e magari un’altro per collegare il portatile ad un monitor esterno HDMI o DisplayPort, oppure ad un proiettore per le presentazioni. E se il proiettore è vecchio e ha solo la porta VGA? Ci vuole un’adattatore separato.
Persino se voglio collegare l’iPhone al MacBook Pro, magari anche solo per caricarlo mentre lavoro, ho bisogno di un’ennesimo adattatore per la porta Lightning. Dimenticavo, se ho una macchina fotografica senza collegamento wireless… potete già immaginare cosa mi serve.
Totale? Almeno 200 euro, ai prezzi scontati attuali, e almeno 300 da gennaio. Si può spendere di meno rivolgendosi ai prodotti di altre marche? Certo, ma non è affatto detto che funzionino: moltissimi cavi ed adattatori USB-C non rispettano le specifiche e potrebbero essere incompatibili con il MacBook Pro, anzi potrebbero perfino arrivare a danneggiare il computer a cui vengono collegati.
Sto esagerando, in realtà tutti questi adattatori non servono? Probabilmente si se vivete in un modo Mac-centrico, se la vostra attività vi porta (beati voi!) a non avere (troppi) rapporti con chi non usa il Mac. Ma se dovete scambiare dati con colleghi che usano in prevalenza Windows (dove le periferiche USB dominano incontrastate), se dovete fare una presentazione o se volete lavorare più comodi su uno schermo più grande anche se siete fuori dal vostro ufficio, direi che gli adattatori che ho elencato sono proprio il minimo sindacale per usare proficuamente il MacBook Pro in mobilità.
Si dirà: anche il MacBook (non Pro) ha solo porte USB-C, anzi ha solo una porta USB-C per tutto, è una scelta lungimirante di Apple in vista di una unificazione di tutte le interfacce di collegamento. Peccato però che l’unica porta del MacBook presentato in primavera supporti solo USB-C e non Thunderbolt 3, alla faccia del criterio di unificazione. E comunque, come dice anche il nome, il MacBook è un prodotto destinato ad una utenza amatoriale-evoluta che ha richieste e necessità molto meno spinte dei professionisti.
Copyright SlashGear (2016).
Design e sostanza
Guardo il mio MacBook Pro del 2011, che fra poco diventerà già obsoleto. Non ha nemmeno un connettore compatibile con i modelli del 2016. Nessuno. Nemmeno il connettore di alimentazione MagSafe, un’idea geniale, apprezzatissima da chiunque sia mai inciampato nel cavo di alimentazione.1
Possibile che dopo cinque anni io non possa collegare nessuna periferica esterna del MacBook Pro ai nuovi modelli, a meno di non comprare cavi e adattatori che ormai valgono di più degli hard-disk esterni che posseggo?
Ci voleva tanto a lasciare sui nuovi MacBook Pro una o due porte Thunderbolt 2 e USB 3, anche a scapito di qualche millimetro o qualche grammo di riduzione delle dimensioni e del peso del portatile? Oppure a produrre un piccolo hub esterno (magari qualcosa di simile a questo), collegato ed alimentato da uno dei connettori USB-C, che agevolasse la transizione rendendo ancora disponibili le porte più comuni? Apple avrebbe potuto perfino aggiungerlo gratuitamente alla confezione del MacBook Pro, ai prezzi attuali dubito che sarebbe stato un grosso sacrificio.
Era proprio indispensabile far prevalere su tutto la ricerca della pulizia formale del bordo del MacBook Pro, secondo la quale quattro connettori tutti uguali e perfettamente simmetrici ed allineati sono meglio a priori di qualunque altra alternativa?
Anche a me piace il design bello e curato e del resto uso i prodotti Apple anche per questo motivo, ma tante volte ho la sensazione che questo aspetto stia prendendo il sopravvento su tutto il resto.
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Se si vuole ripristinare la funzione MagSafe nei MacBook Pro 2016, bisogna adattarsi a comprare l’ennesimo adattatore! ↩