La presentazione dei nuovi MacBook Pro ha suscitato opinioni fortemente contrastanti. Tanti utenti professionali (e io fra questi) sono rimasti fortemente delusi dalle caratteristiche delle nuove macchine, altri professionisti la pensano in modo diametralmente opposto e sono tanto soddisfatti dalle caratteristiche dei nuovi MacBook Pro da precipitarsi a comprarlo. Per farsi un’idea delle diverse opinioni basta leggere gli ultimi post su Quickloox, l’ottimo blog gestito dal mio amico Lucio “Lux” Bragagnolo.
Questo contrasto deriva da un una concezione profondamente diversa di chi sono i professionisti che usano il Mac.
In linea generale, i professionisti sono coloro che usano il Mac prevalentemente per motivi di lavoro, per ricavare una qualche forma di profitto per se stessi o per l’azienda per cui lavorano, in contrapposizione con gli utenti generici (o casalinghi o, come mi sfugge spesso, utenti normali) per i quali il Mac è più che altro uno strumento di informazione, comunicazione o gioco, ma non di guadagno.
Questi ultimi possono essere interessati alla potenza di calcolo del computer, in particolare se lo usano per giocare, ma contano molto meno su fattori come la stabilità e l’affidabilità del sistema: non poter usare il computer per qualche giorno può essere una seccatura, ma non molto di più.
I professionisti, invece, hanno bisogno di un computer non necessariamente potente, ma stabile e affidabile, perché ogni giorno di inattività si traduce in un guadagno mancato. E non guasta di certo che il sistema sia anche facile da usare, bello da vedere ed eventualmente comodo da trasportare, con una batteria che duri il più a lungo possibile. Tutte caratteristiche soddisfatte in pieno dai nuovi MacBook Pro e, in generale, da tutti i Mac attuali.
Scrittori e giornalisti, professori, tanti architetti e ingegneri, avvocati e commercialisti, medici, piccoli imprenditori, artigiani creativi e chissà quanti altri che non mi vengono in mente, non hanno bisogno di più.
Ma i critici più aspri dei nuovi MacBook Pro sono un’altra categoria di professionisti, i power user, coloro che usano il Mac per lo scopo originale per il quale sono stati inventati i computer, macinare i numeri.
Sono quelli che sviluppano le applicazioni che girano sui Mac o gli strumenti alla base dei sistemi operativi o della rete. Sono gli architetti e gli ingegneri CAD/CAM alle prese con il raytracing e il rendering 3D, sono i creativi che si occupano di musica, video o elaborazione di immagini, sono gli scienziati che sviluppano modelli numerici e simulazioni o analizzano pesanti archivi di dati.
Per tutta questa gente le prestazioni pure del computer contano più di qualunque altra considerazione: ogni megahertz di velocità del processore è importante, ogni core conta, ogni pezzettino libero della RAM deve essere usato. Tutto il resto è secondario: non possono e non vogliono barattare qualche millimetro di spessore o qualche etto di peso con una potenza minore della loro macchina.
Sono loro a cui i nuovi MacBook Pro non vanno giù. Probabilmente contano poco, sono soltanto una esigua minoranza dei potenziali acquirenti delle nuove macchine, ma sono anche molto arrabbiati.
Al posto del nuovo inizio fatto balenare dallo slogan “hello again”, cosa si ritrovano? Un MacBook Pro costoso e non aggiornabile che sembra più che altro un Air travestito, con una tastiera-sottiletta e touch-bar la cui reale utilità è ancora sconosciuta.
Presentando i nuovi modelli Apple ha creato troppe aspettative, finendo per partorire il classico topolino. È chiaro che a un certo punto la pazienza finisce.