Non lo dico io, lo dice Repubblica, uno dei più diffusi ed autorevoli giornali italiani (però sta perdendo rapidamente posizioni in entrambi gli ambiti).
Una settimana fa Repubblica ha in prima pagina uno strillo relativo a
Blackberry, Motorola, Nokia, la vita breve dei grandi marchi.
Nonostante il giornale tratti da sempre malissimo tutto quello che sa di tecnologia (basta leggere le insulse recensioni di Jaime D’Alessandro sul Venerdì per accorgersene), vado lo stesso a leggere l’articolo. I marchi citati hanno fatto la storia della telefonia mobile e l’argomento che mi interessa a prescindere da chi ne scrive.
L’articolo, intitolato “La vita breve dei telefonini”,1 è deludente, una rimasticatura di cose stranote, chi l’ha scritto non ha nemmeno chiaro come si scrive IBM (tutto maiuscolo, è un acronimo), figuriamoci il resto. Ci sono sparsi qua e là pezzetti di una intervista ad un professore della Bocconi, che di sicuro sa dire qualcosa di meglio di “…è possibile che domani lo smartphone venga sostituito da un’altra tecnologia”, oppure di “Oggi i cambiamenti nei processi di consumo iniziano sempre dal basso”. Purtroppo – è successo perfino a me – quando un giornalista intervista un esperto in settori che non conosce, sintetizza (molto) a modo suo quello che gli viene detto.
Ma questo, credetemi, è il meno. Quello che trovo stupefacente per un giornale blasonato come Repubblica (e non è nemmeno la prima volta) è il resto della pagina dedicata alla morte delle grandi aziende di telefonia mobile.
Proprio al centro della pagina (qui potete trovare la versione in alta risoluzione dell’articolo) campeggia un grafico che mostra le quote di mercato dei principali produttori di cellulari/smartphone dal 1995 al 2015.
Un bel grafico, colorato, comprensibile. C’è qualche problema con l’asse orizzontale (uno studente di terza liceo si beccherebbe un cappello dell’asino virtuale con un asse così) e l’enorme area bianca dedicata agli altri produttori è inutile, ma non serve fare troppo il precisino. Guardiamo i dati, piuttosto.
Motorola c’è ed è ben visibile, aveva il 22% nel 1995 ed è crollata praticamente a zero dopo il 2010.2 Blackberry pure, anche se secondo Repubblica nasce solo nel 2007 insieme all’iPhone e muore di colpo intorno al 2012 (la realtà è un po’ diversa).
Apple viene fatta giocare a nascondino con il grigiotopo scelto per i suoi dati, quasi a cercare di mimetizzarla fra le altre curve.3
Vediamo Nokia. Repubblica attribuisce a Nokia una quota di mercato del 30% fra il 1998 e il 2010 (prima di subire il bacio della morte di Microsoft). Solo il 30%? Lo so che è una percentuale enorme, ma in questo caso è troppo poco. Il sito di Statista – da cui la Repubblica ha tratto questi dati – attribuisce a Nokia ben il 50% del mercato ancora nel 2007.4 Ci si può fidare di Repubblica se non sa fare nemmeno il copia-e-incolla dei dati?
Ancora più assurda è la pretesa che Nokia/Microsoft (in realtà ormai solo Microsoft) abbia oggi una quota di quasi il 10%. Ma se ad agosto i telefoni marchiati Microsoft erano considerati praticamente morti, con meno dell’1% del mercato?
Ma eccoci alla vera ciliegina sulla torta: i quattro riquadri intorno all’articolo.
I riquadri dovrebbero essere un breve riassunto delle gesta delle tre aziende citate nello strillo di copertina, Blackberry, Motorola e Nokia. Già, ma i riquadri disponibili sono quattro, chi si può mettere nello rimasto spazio vuoto?
Un ingenuo potrebbe pensare ad Handspring/Palm che, con i suoi ottimi Treo ha realizzato e diffuso i primi smartphone (Nokia Communicator a parte), fondendo egregiamente telefono e computer palmare e aprendo la strada agli apparecchi che portiamo tutti in tasca ogni giorno, ormai più computer che telefoni.
Oppure ad Ericsson, azienda svedese che ha detto la sua negli anni’90, agli albori della telefonia mobile, finendo poi per essere inglobata e stritolata da Sony.
Oppure ad HTC, un’altra azienda che ha avuto un decennio di popolarità per poi decadere, stritolata dalla concorrenza fra Apple e Samsung.
Ma no, chi mette Repubblica nel quarto riquadro, fra le nobili (già) decadute?5
Apple.
Apple?
Apple!
Secondo Repubblica Apple è in crisi: l’iPhone 7 è una delusione e ha colpito il pubblico solo per l’assenza del jack audio (anzi, come lo definisce il giornale, del foro per le cuffie), le vendite sono per la prima volta in ribasso, il mercato degli smartphone è saturo, la Cina non tira più, la forza creativa si è esaurita.
Fa niente che in sole due settimane la diffusione di iPhone 7 abbia superato quella dell’iPhone SE (considerato comunemente un grande successo). Fa niente che l’iPhone 7 finora abbia venduto più dell’iPhone 6S di un anno fa. Fa niente che, se di questi tempi c’è un fallimento in giro, è di sicuro il Samsung Note 7, messo in commercio in fretta e furia per cercare di fare concorrenza all’iPhone 7 e appena ritirato, perché anche i modelli sostitutivi continuano a prendere fuoco all’improvviso (altro che antennagate e bendgate). E fa niente che le vendite di smartphone di fascia alta (i soli modelli che fanno guadagnare) siano diminuite nel 2016 per tutti i produttori, non certo solo per Apple.
Nemmeno per sogno, solo basandosi sul presunto fallimento dell’iPhone 7, Repubblica condanna Apple alla morte e all’oblio, né più né meno di Nokia, Blackberry e Motorola.
Ma si, lunga vita a Microsoft e a Windows Phone!
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Un titolo come “La vita breve dei produttori di telefonini” sarebbe stato più corretto, ma avrebbe perso molto in appeal. ↩
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Ora, dopo il breve interregno Google, Motorola è con Lenovo e in base al grafico fa quanto Huawei ed LG e molto più di Sony. ↩
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Il grafico mostra che Apple passa da zero nel 2007 al 10% stabile di oggi. Un risultato straordinario a guardare questi dati perché, a differenza di tutti gli altri produttori, Apple fa solo prodotti premium, di qualità molto alta ma anche di alto costo. ↩
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Non avrei nemmeno avuto bisogno di controllare, la storia di Nokia è così leggendaria che è difficile dimenticarla. ↩
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E proprio nel punto più visibile della pagina, accanto al grafico colorato. ↩