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Da LaTeX a Word (e ritorno)

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 2-Jul-2016 · 12 minuti di lettura
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Nei giorni scorsi ho lavorato con dei colleghi a due articoli per una conferenza. Ci siamo divisi il lavoro: un articolo l’ho gestito io, scrivendo il testo in LaTeX e utilizzando Overleaf per poter lavorare in contemporanea con gli altri sul testo (di Overleaf parlerò in dettaglio in un prossimo articolo). L’altro articolo è stato scritto da un coautore in Word. Dopo averlo rivisto, ho dovuto però inserire io stesso le correzioni, perché sarebbero state incomprensibili a chiunque altro.

Ogni volta che uso Word per più di una oretta mi chiedo come sia possibile che tutti (o quasi) trovino normale utilizzare questo programma per scrivere, senza porsi mai il problema di cercare alternative più adeguate. Naturalmente è successo anche questa volta.

Ma cosa c’è che non va in Word dal punto di vista di chi è abituato a scrivere usando sistemi più efficienti come LaTeX o, come per questo articolo, Markdown?

Scrivere documenti complessi in Word

Normalmente uso Word solo per scrivere lettere e relazioni, documenti relativamente semplici e con una formattazione poco sofisticata.

Un articolo per una conferenza è tutta un’altra cosa, sia perché deve rispettare un layout piuttosto rigido sia perché contiene, oltre al testo, una serie di elementi relativamente complessi e con un formato ben definito come le figure, le tabelle, le equazioni o la bibliografia.

In genere gli organizzatori delle conferenze forniscono un documento di esempio (template), che contiene gli elementi fondamentali del documento già formattati nel formato desiderato, rendendo così molto più facile rispettare le specifiche.1

I template sono quasi sempre sia per Word che per LaTeX, ma per questa conferenza gli organizzatori hanno messo a disposizione solo un template per Word.

Dopo aver riprodotto il template fornito in LaTeX (una cosa piuttosto semplice, per fortuna) il lavoro sul primo articolo non ha avuto storia: correzioni al testo, aggiustamenti a tabelle e figure, bibliografia, tutto è filato via liscio e senza troppi problemi.

Con l’altro articolo la storia è stata ben diversa.

Manchevolezze di Word

Passare ad usare Word dopo giorni di immersione in LaTeX ha messo a nudo ancora più del solito le manchevolezze del programma di Microsoft. Il fatto che i due articoli fossero formalmente molto simili, con più o meno lo stesso numero di pagine, di figure e di tabelle, parecchie equazioni ed un numero analogo di elementi di bibliografia, ha reso ancora più impietoso il confronto fra i due sistemi di scrittura. Nonostante siano tutte cose note e stranote, credo che un buon ripasso ogni tanto non faccia male.

Velocità

L’articolo in Word è lungo appena 6 pagine e pesa appena 8 MB. Nonostante ciò è evidente che Word fatica a gestirlo. Scorrendo il documento si avvertono dei continui impuntamenti, che durano solo frazioni di secondo ma che non si verificano mai con l’altro articolo in LaTeX. Tutto ciò avviene usando un Mac di fine 2014, con processore i7, 16 GB di RAM e disco SSD, e l’ultima versione disponibile di Microsoft Office 2016 per OS X.

Il rallentamento dipende in parte dal meccanismo con cui Word gestisce la formattazione del testo e in parte dall’aver attivato lo strumento Revisioni, una delle cose (potenzialmente) più utili di Word.

Formattazione

Nessuno (o quasi) usa gli stili di Word, preferendo formattare a mano i vari elementi del documento. Se ad esempio si decide di cambiare il formato dei titoli dei capitoli da Times New Roman 14 punti italico a Arial 12 punti grassetto tutto maiuscolo, bisogna scorrere tutto il documento ed applicare a ciascun titolo le modifiche desiderate, sperando sempre di non dimenticarne qualcuno. Una cosa estremamente inefficiente e soggetta ad errori.

Purtroppo è lo stesso Word che incoraggia – o meglio, non scoraggia – questo modo di lavorare. Ma questo è ancora il meno. Il vero guaio è che dopo un po’ si perde il controllo di quello che succede. Basta cancellare una virgola o uno spazio qui e là per cambiare il font del testo adiacente, trasformare una parola in grassetto, o chissà che altro.

Perché succede? Nei linguaggi di markup come LaTeX o HTML, ci sono regole ben precise sul modo in cui devono essere annidati i comandi che definiscono lo stile del testo. Questi comandi esistono anche in Word, ma sono sempre invisibili all’utente. Dopo un po’ di cancellazioni, inserimenti, formattazioni e riformattazioni, i comandi nascosti di stile si mescolano fra loro in modo incontrollabile, complicando la gestione del testo da parte di Word e rallentando di conseguenza il programma.

Ci sono dei metodi per risolvere, o almeno limitare, il problema, ma con il template fornito dagli organizzatori non hanno funzionato. Probabilmente è il template stesso, che deriva da chissà che altro documento precedente, ad essere poco pulito, contribuendo al rallentamento di Word descritto sopra.

Figure e tabelle

Lo sanno tutti, inserire una figura (o una tabella, le due strutture si comportano esattamente allo stesso modo) in un documento di Word è una vera avventura, scappano di continuo da tutte le parti. Si mette una figura in un punto definito del testo, se ne fissa la posizione nella pagina ma dopo poche modifiche al testo la figura finisce chissà dove, preferibilmente in un’altra pagina o comunque in un punto in cui non ha nessun senso che vada. Dover riposizionare le figure e le tabelle dopo ogni minima revisione del testo diventa dopo un po’ una cosa esasperante, che fa venire voglia di liberarsi una volta per tutte e per sempre di Word e della Microsoft.

Didascalie

Word permette di associare ad ogni figura (o tabella) una didascalia che ne spiega il contenuto. Riesce perfino a numerarle automaticamente in un modo più o meno sensato. Però le posizioni delle didascalie non sono sincronizzate con quelle delle figure. Sembra incredibile (e contrario ad ogni logica), ma se si sposta una figura la didascalia non la segue automaticamente. A meno di non selezionare o di raggruppare entrambi gli elementi prima dello spostamento. Una cosa che però io, poco abituato a queste stranezze di Word, dimentico regolarmente. Ancora più curioso è che, tutte le volte che le figure si spostano da sole in modo incontrollato ed incontrollabile, le didascalie rimangono invece ben piantate al loro posto.

Ma se Word associa ad ogni figura la sua didascalia, perché poi non le tiene sempre insieme, come è giusto e logico che sia? E se Word ha al suo interno i meccanismi per fissare la posizione delle didascalie indipendentemente dal resto del testo, perché tali meccanismi non funzionano anche con le figure?

Equazioni

Le ultime versioni di Word usano per le equazioni un font (Cambria Math) e un formato ben definiti, che in teoria dovrebbero semplificarne l’uso. Solo in teoria. Perché se si copia da un altro documento una equazione formattata in modo diverso (magari perché così veniva richiesto dal template di quel documento), questa rimane sempre nel formato di origine e non c’è verso di farle acquisire automaticamente la formattazione del documento di destinazione. Inoltre, se si modifica la formattazione a posteriori per uniformarla al resto del documento, prima o poi, in genere salvando e riaprendo il documento, l’equazione torna nel formato originale.

Potrei sbagliarmi, ma l’unica soluzione efficace per evitare problemi con le equazioni è non usare il copia-e-incolla fra un documento e l’altro, ma riscriverle una ad una. Una cosa noiosissima, in un documento medio ci possono essere decine e decine di equazioni, non solo quelle normali fuori testo, ma anche i simboli matematici e le le equazioni incorporate nel testo.

Come se non bastasse, inserire una equazione in Word è un processo lentissimo, bisogna pianificare a priori come deve essere, selezionare uno ad uno i simboli tramite il menu e se si decide di cambiare qualcosa in corsa sono dei veri dolori. Secondo me è infinitamente più semplice e veloce farlo usando i codici testuali di LaTeX, più difficili da ricordare all’inizio ma decisamente molto più facili da scrivere o modificare.

Bibliografia

Scrivere la bibliografia degli articoli scientifici è una vera rogna. Ogni rivista ha il suo formato, in genere diverso in almeno qualche dettaglio da quello delle altre. C’è chi vuole prima il cognome e poi il nome degli autori e chi l’iniziale puntata del nome e poi il cognome. Chi preferisce l’anno di pubblicazione alla fine fra parentesi tonde e chi subito dopo gli autori, senza parentesi ma con un punto alla fine. Chi inserisce nella bibliografia il titolo degli articoli fra virgolette, chi senza virgolette ma in italico, e anche chi non mette proprio il titolo. Un vero delirio, assurdamente (e inutilmente) complicato.

Con LaTeX non ci si deve preoccupare di tutti questi dettagli. Per inserire la bibliografia in un documento LaTeX basta definire solo due elementi fondamentali: il file di stile che implementa il formato desiderato della bibliografia e il percorso ad un file BibTeX – più o meno un database testuale – che contiene i dati degli articoli da citare. Ci pensa poi LaTeX a prelevare dal file BibTeX i dati che gli servono e a formattarli come richiesto. Iniziare a gestire una bibliografia non è semplicissimo, ma una volta impostato uno o più database BibTeX, diventa veloce e molto pratico. Anche perché ormai i dati degli articoli si scaricano nella maggior parte dei casi dalla rete, senza doverli più inserire a mano.

Con Word gestire la bibliografia è decisamente più farraginoso. Anche Word implementa gli stili, ce ne sono una decina nell’ultima versione del programma, ma non si possono cambiare né modificare. E se anche fosse possibile farlo, di sicuro la cosa è più complicata di quanto sarebbe ragionevole.

Inoltre i dati di ciascuno degli articoli citati devono essere inseriti a mano, senza poterli importare da fonti esterne, a meno di non usare degli strumenti ad hoc2 oppure di editare direttamente il file xml della bibliografia, una cosa non esattamente alla portata di chiunque usi Word. Finché la bibliografia si compone di una decina di articoli o se gli articoli citati sono sempre più o meno gli stessi, l’inserimento manuale dei dati è ancora fattibile. In tutti gli altri casi diventa indispensabile usare un gestore di bibliografie, come gli ottimi e diffusi EndNote, Papers (a pagamento), Zotero e Mendeley (gratuiti), che rispetto a BibteX hanno il difetto di avere ciascuno un formato di dati specifico e diverso da quello degli altri.

Revisioni

La gestione delle revisioni di un documento è uno punti di forza di Word e dovrebbe permettere a più persone di collaborare alla stesura di un documento, mettendo in evidenza le correzioni effettuate da ciascuno. Tutto questo in teoria.

In pratica le cose vanno diversamente. Word si perde a mostrare tutte le modifiche in modo così minuzioso da renderle incomprensibili. L’impostazione predefinita mostra tutte le correzioni in una finestra separata alla destra del documento, con decine e decine di linee che, partendo da questo elenco, puntano al testo modificato. Dopo un po’ non ci si capisce più niente. Molto meglio l’opzione che mostra le correzioni direttamente nel testo, anche se in questo caso si perde per forza di cose la visualizzazione del layout esatto del documento, perché sullo schermo compare contemporaneamente, con colori ed evidenziazioni specifiche, sia il testo cancellato che quello inserito in sua sostituzione. Contraddicendo così il concetto di mostrare sullo schermo esattamente quello che sarà il documento finale (WYSIWYG), che gli estimatori di Word considerano un punto di forza del programma (nonché di debolezza degli strumenti che, come LaTeX, separano la composizione del testo dalla sua resa grafica).

Inoltre, lo strumento Revisioni di Word contribuisce pesantemente a rallentare il programma. L’unico modo per evitare il rallentamento dovuto alla gestione delle revisioni è approvare (o rifiutare) abbastanza spesso le modifiche effettuate, perdendo così traccia della storia passata del documento, delle modifiche effettuate e degli autori di ciascuna correzione. A che serve allora uno strumento di revisione se dopo un po’ diventa di fatto inutilizzabile?

Conclusioni

Dopo aver usato più a lungo di quanto mi piaccia Word, sono ben contento di non doverlo fare troppo spesso. E trovo veramente incomprensibile che quasi tutti lo considerino un programma indispensabile, da usare supinamente ogni giorno per qualunque esigenza di scrittura.

Il bello (o il brutto) è che chi usa solo Word non si rende nemmeno conto di tutti i suoi punti deboli, e li considera una specie di necessità ineluttabile.

Dopo questo lungo articolo, mi piacerebbe moltissimo sapere cosa ne pensate. Trovate Word indispensabile per il lavoro di tutti i giorni o preferite usare programmi di videoscrittura alternativi come Pages o LibreOffice/OpenOffice? O magari usate strumenti non visuali, LaTeX, Markdown o chissà che altro? Usate la sezione dei commenti per esprimere la vostra opinione, anche e soprattutto se non siete d’accordo con quanto avete letto nell’articolo.

Approfondimenti

Per chi volesse approfondire, consiglio di leggere gli articoli o le pagine web seguenti.

  1. Quando ho iniziato, nei primi anni ‘90, al posto del file del template si riceveva un foglio contenente le specifiche di tutti gli elementi del testo: margini, larghezza delle colonne, dimensione e tipo del font da usare per titolo, lista degli autori, testo, didascalie, e così via. Rispettare tutte le specifiche era un lavoro certosino, che richiedeva tanta pazienza e innumerevoli stampe di prova. 

  2. Come ad esempio i plugin per Zotero o Mendeley

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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