Eccoci alla puntata finale della lunga saga sull’elezioni del rappresentante del personale nel Consiglio di Amministrazione del CNR. Chi avesse perso le puntate precedenti, può leggere la prima parte, la seconda parte e la terza parte della storia.
Gli outsider
Oltre a quelli di cui ho già parlato, si sono candidati alle elezioni altri due colleghi, scienziati veri, ma indeboliti dal fatto di aver già participato ad organi direttivi o consultivi del CNR. Promettere una maggiore trasparenza e comunicazione dei processi decisionali dell’Ente, senza averlo mai fatto – pur avendone avuto l’opportunità – nel corso degli incarichi precedenti, non è stato apprezzato dalla maggior parte della comunità scientifica.1
L’establishment al lavoro
La vera partita si giocava quindi fra l’ex direttore generale e lo scienziato indisciplinato.
Negli ultimi giorni di campagna elettorale si sono mossi i grossi calibri, per appoggiare senza se e senza ma la candidatura dell’ex direttore. Anche se formalmente solo un ricercatore (anzi un tecnologo) come tanti altri, è chiaro che solo questi era considerato far parte ancora del giro giusto.
Il direttore di uno dei maggiori dipartimenti del CNR ha sollecitato via email i direttori dei suoi istituti a fare pressioni sul personale, non solo per “esercitare il diritto di voto” ma soprattutto per “sostenere la candidatura del Dr. Tuzi a membro del CdA”, in ragione del fatto che “si sta mettendo a disposizione dei ricercatori per questo ruolo”.
Traduzione: le poltrone cambiano ma sono sempre gli stessi a doverle occupare.2 E lo fanno sempre, sia chiaro, per spirito di sacrificio, per mettere a disposizione degli altri la loro esperienza. E gli effetti si vedono, al CNR come in Italia.
Di questo pesante intervento si è saputo, ma non sarà stato di certo l’unico. Chissà cosa avranno potuto fare e dire tanti capi e capetti, sopratutto nei confronti del personale più debole e più ricattabile.
Si sono mossi anche i sindacati, alcuni cercando di apparire almeno formalmente super partes, altri appoggiando in modo esplicito il solito ex direttore generale. Come interpretare altrimenti l’invito di uno dei sindacati a
sostenere una persona rappresentativa degli interessi generali, che conosce in profondità la realtà istituzionale ed organizzativa dell’Ente, i suoi meccanismi e le sue principali criticità…
un candidato autorevole, in grado di meritare l’apprezzamento dei colleghi per il lavoro fin qui svolto, … nonché per quella capacità gestionale indispensabile ad operare con credibilità in un organo come il CdA…
Non è curioso, visto che gli stessi sindacati avevano criticato in passato, spesso aspramente, l’operato dell’ex direttore generale? Ma la sindrome di Stoccolma è sempre in agguato e una vena di tafazzismo non manca mai. E poi, non sono solo i nostri politici che si insultano di santa ragione in aula e vanno poi tranquillamente a prendere un caffé insieme al bar.
Chi ha vinto?
Personalmente non ci avrei mai creduto, anzi non ho nascosto che mi sembrava una battaglia persa in partenza. Ma alla fine, per una volta, ha vinto quello… bravo. Al primo colpo, senza nemmeno la necessità di andare al ballottaggio.
Una bella sconfitta per l’establishment e per i tanti gattopardi che vogliono cambiare solo a parole.
Non sono mancati i colpi di coda, come il tentativo mal riuscito di convocare subito dopo le elezioni un Consiglio di Amministrazione con la maggior parte dei membri ormai scaduti, che avrebbe dovuto deliberare su questioni fondamentali il fabbisogno del personale per i prossimi anni.
Conclusioni?
Questa lunga storia non riguarda solo un aspetto tutto sommato minore come una elezione al CNR. Riguarda soprattutto il trasformismo di coloro che curano solo carriera e poltrone, l’inamovibilità di chi dirige, il familismo, l’incompetenza e la voglia di apparire a tutti i costi.
Riguarda più in generale il ruolo della ricerca in Italia e il legame di questa con il futuro del paese. Una cosa di cui la nostra classe dirigente miope non è minimamente consapevole.
Mi sembrava necessario raccontare questa storia. Soprattutto perché, per una volta, il topolino è riuscito a spaventare l’elefante.
Se a qualcuno interessa, possiamo riparlarne.
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Quando parlo di comunità scientifica del CNR intendo comprendere tutte le tre componenti, ricercatori, tecnici e amministrativi che, ciascuno per la loro parte, collaborano a quella che dovrebbe essere la missione fondativa dell’Ente, la ricerca fondamentale e applicata. ↩
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Sembra la Prima Repubblica, quando i vari Andreotti, Rumor, Fanfani, Forlani giocavano a governare l’Italia piroettando fra una poltrona e l’altra, un giorno presidente del consiglio, l’altro ministro della difesa, quello dopo degli interni. E ogni tanto fermi un giro a presiedere il partito. ↩