Non c’è niente di meglio che una bella sessione di installazione di Windows per farti immediatamente riconciliare con OS X, i suoi bug occasionali e le sue idiosincrasie.
Qualche giorno fa mia figlia ha annunciato a colazione che il giorno dopo avrebbe dovuto portare all’università (primo anno) un PC portatile per iniziare un corso introduttivo all’uso del computer.
I Mac erano rigorosamente proibiti, perché il professore doveva parlare di BIOS e di Word.
Il legame fra il BIOS e Word mi sembrava piuttosto labile. Ma invece di addentrarmi in questo territorio scivoloso, ho fatto notare che Word gira sotto OS X esattamente come sotto Windows (la compatibilità dei file è un’altra cosa). Non fosse altro perché l’ultima versione per OS X è in grado di mostrare sia l’odioso Ribbon che il normale menu, una possibilità che gli utenti di Windows sognano ogni giorno, a meno di non installare UBitMenu, una di quelle utility di cui sotto Windows non si può fare a meno.1
Inoltre, ormai nemmeno i PC usano più il BIOS, quindi a rigore anche la maggior parte dei suoi compagni di corso non avrebbe potuto usare il proprio portatile per esercitarsi a configurare il BIOS.
Niente da fare. I desideri del professore non si discutono (mentre quelli dei padri…) e l’aggiornamento dei professori universitari non è contemplato dal contratto.
A questo punto si trattava di riesumare il mio vecchio Sony Vaio, un portatile di dieci anni fa con installato Windows XP, dimenticato da tempo in un cassetto. Anche se il Vaio funzionava perfettamente prima di essere messo da parte, riaccendendolo Windows XP si bloccava poco dopo l’avvio con la solita schermata blu. Ovviamente qualunque tentativo di riparare XP non aveva effetto, l’unica alternativa realistica era reinstallare Windows ed Office da zero.
Ho installato tutte le versioni di Windows e di Office decine di volte: so bene che significa sottoporsi ad un tour massacrante di riavvii e di aggiornamenti. Ce l’avrei mai fatta in un giorno solo?
Per il rotto della cuffia ma ce l’ho fatta, lavorando ininterrottamente dalle nove di mattina a mezzanotte. Una cosa noiosissima: avendo fretta dovevo per forza rimanere vicino al computer per controllare quello che succedeva, lanciare i processi di aggiornamento e poi aspettare, aspettare, aspettare. Ne ho approfittato per leggere, distrattamente, con un occhio sempre sullo schermo.
Installare Windows (naturalmente questa volta Windows 7) è il meno, in fondo. Windows 7 fa quasi tutto da solo, le uniche scelte riguardano la configurazione del disco rigido (io ho deciso di cancellare tutto e di ripartire da zero), la creazione del primo utente del sistema e poco più.
Ma una volta conclusa l’installazione e installato immediatamente l’antivirus – mai, mai, mai usare Windows senza un antivirus decente! – inizia il giro massacrante degli aggiornamenti, un processo ricorsivo che sembra non dovere finire mai. Finito di installare un aggiornamento importante e dopo l’inevitabile riavvio, ci si ritrova spesso a dover aggiornare l’aggiornamento. Geniale.
Ad un certo punto mi sono ritrovato a dover scaricare ed installare tutti insieme più di 400 pacchetti di aggiornamenti! Sono sicuro che parecchi di quei pacchetti modificano e correggono più e più volte gli stessi file.
Ci sono stati anche momenti difficili, come quando uno dei 400 aggiornamenti si è bloccato a metà ed è rimasto così per più di due ore. Sono stato costretto a spegnere il PC di brutto e a riavviare, sperando di non ritrovarmi con qualche nuova schermata blu mortale. Per fortuna questa volta Windows 7 si è avviato senza problemi ricominciando a macinare gli aggiornamenti come se nulla fosse, anche se intanto l’installazione di parecchi pacchetti era fallita miserabilmente.
Naturalmente, una volta finito con Windows vero e proprio ed installato Office, il giro di aggiornamenti-riavvii-aggiornamenti si è ripetuto, quasi senza fine.
Il concetto di aggiornamento cumulativo – consolidare tutte le correzioni e le modifiche effettuate dall’uscita del sistema operativo ad oggi in un unico pacchetto – sembra essere totalmente sconosciuto dalla parti di Redmond.
Purtroppo anche chi usa Office sul Mac lo sa bene. Fino a Mavericks, una volta finito di installare Microsoft Office 2011 per OS X, i cicli di aggiornamento si susseguivano uno dopo l’altro, senza sosta. Per fortuna con Yosemite le cose sono cambiate. Aggiornare Office installato da zero su un Mac con OS X 10.10 non è più possibile, a meno di non ricorrere ad un trucco. Più che un baco, ormai lo considero un vantaggio.
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Naturalmente insieme a Revo Uninstaller, CCleaner, Defraggler e Recuva (lo so anch’io che le ultime tre sono tutte di Piriform, ma non è colpa mia se il loro software è ottimo). ↩