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Un disco SSD per un iMac G5: il sistema operativo

Sabino Maggi Sabino Maggi Segui 14-Apr-2014 · 6 minuti di lettura
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Nei giorni scorsi ho descritto l’aggiornamento di un iMac G5 con un disco SSD esaminando gli aspetti legati all’hardware.

Ma come funziona l’iMac G5 dopo la cura? Le prestazioni generali dell’iMac migliorano con l’uso di un disco a stato solido o il vero collo di bottiglia è l’architettura hardware ormai datata? Che sistema operativo scegliere e quale software ci può girare sopra, oggi?

Iniziamo dal sistema operativo.

Dopo molti tentennamenti ho deciso di installare Mac OS X 10.5, meglio conosciuto come Leopard. Leopard non mi è mai piaciuto particolarmente, secondo me è una versione di OS X con molte novità ma ancora acerba, surclassata dal suo successore, Snow Leopard (10.6) [1].

Purtroppo Snow Leopard gira solo sui processori Intel, rendendo Leopard una scelta quasi obbligata per un Mac con processore PowerPC come l’iMac G5.

Avrei potuto anche scegliere Tiger (Mac OS X 10.4), una versione di OS X che ho sempre apprezzato moltissimo, ma che manca di alcune funzionalità fondamentali come Time Machine, Spaces e QuickLook, introdotte solo con Leopard.

E poi, volendo verificare quanto il disco SSD potesse migliorare le prestazioni dell’iMac, dovevo necessariamente installare una versione di OS X che, per esperienza, sapevo essere poco reattiva su quella macchina con un disco rigido tradizionale.

Poiché il masterizzatore integrato fa i capricci (sarà l’età!), sono stato obbligato a copiare il DVD di installazione su un disco esterno Firewire e ad installare Leopard da quello. Sembra sia possibile usare anche una comune chiavetta USB, ma io non sono riuscito a farle fare il boot sull’iMac (pur avendo selezionato la “Apple Partition Map” in Disk Utility).

L’installazione di Leopard è semplicissima, il numero di opzioni da configurare è molto ridotto rispetto a Tiger ed il processo è velocissimo, molto più rapido di quanto ricordassi. Il vantaggio di usare un disco rigido a stato solido si inizia a notare già in questa fase.

Alla conclusione del processo di installazione il Mac si riavvia automaticamente e accoglie l’utente con il suo bellissimo video introduttivo, una tradizione che Apple ha lasciato cadere nelle ultime versioni di OS X (il video originale può essere recuperato dall’installazione di Leopard, seguendo le istruzioni riportate in questa pagina).

Anche la configurazione generale del sistema operativo si svolge senza intoppi ed il sistema sembra reattivo a sufficienza, nonostante l’età.

Aggiornare Leopard è semplice come al solito: basta lanciare Software Update dal menu Apple () menu o dalla Preferenze di Sistema (o aspettare che venga eseguito automaticamente dal sistema operativo).

In poco tempo il sistema operativo viene aggiornato all’ultima versione 10.5.8 di Leopard. Per quanto riguarda le principali applicazioni preinstallate, Safari è aggiornato alla versione 5.0.6 (mentre la versione più recente di Safari è la 7.0.3) e iTunes alla 10.6.3 (oggi è alla 11.1.5).

L’unico problema minore è che iTunes non funziona con la versione di QuickTime installata da Software Update. La versione più recente di QuickTime 7.7 per Leopard può essere scaricata manualmente dal sito della Apple, ma è davvero strano che, pur essendo indispensabile per il buon funzionamento di iTunes, non venga aggiornata automaticamente da Software Update.

Conclusa questa fase, installo iLife ‘08 e iWork’09 sull’iMac. Ho scelto iLife ‘08 solo perché anche il DVD di iLife’09 non viene letto sia dal masterizzatore dell’iMac G5 che da quello dell’altro iMac che ho in casa (intanto ne ho fatto una immagine con un altro Mac, che installerò a breve). Anche in questo caso l’installazione è veloce e senza problemi. Alla fine di un ulteriore ciclo di aggiornamenti alle ultime versioni disponibili per i vari programmi installati, si arriva alla situazione mostrata nella figura seguente.

[caption id=”attachment_681” align=”aligncenter” width=”605”]iMac G5: applicazioni installate Applicazioni installate alla conclusione della prima fase di installazione e aggiornamento del sistema.[/caption]

L’iMac contiene ora il software principale per un uso (minimamente) produttivo del sistema, aggiornato alle ultime versioni disponibili.

E funziona bene.

Il sistema operativo viene caricato in circa 30 secondi, misurati dalla pressione del tasto di accensione alla comparsa del Desktop completamente funzionale.

Ricordo bene ancora oggi quanto fosse lento l’avvio con Leopard su questo iMac: all’epoca il confronto con Tiger mi aveva scioccato. Non ho dati numerici, ma solo 30 secondi per il boot mi sembrano un dato molto più vicino al tempo di avvio di Tiger che di Leopard.

Trenta secondi sono comunque tanti? Non direi, il mio MacBook Pro del 2011 con Mavericks impiega decisamente di più e comunque basta fare il confronto con un PC non dico di dieci anni fa ma anche di solo cinque anni fa: Windows XP – un sistema operativo del 2001 che dovrebbe richiedere poche risorse ad un computer di qualche anno fa – impiega svariati minuti per avviare completamente il sistema (in realtà il Desktop compare relativamente in fretta ma, come sa chiunque abbia usato XP, non è realmente usabile ancora per parecchio tempo, finché il sistema operativo non avvia tutti i suoi processi).

Anche le applicazioni installate finora partono velocemente, senza rimbalzare all’infinito sul Dock, e non mostrano nessun rallentamento durante l’uso. Safari in particolare accede molto velocemente alle pagine web, anche a quelle di siti moderni e pesanti. iTunes collegato in Home Sharing alla mia libreria musicale sul Mac principale è perfetto. Ed è un piacere usare GarageBand, trovo fra l’altro le vecchie versioni molto più divertenti e facili da usare di quelle più recenti.

[caption id=”attachment_686” align=”aligncenter” width=”605”]iTunes con Home SharingiTunes collegato in Home Sharing tramite rete wireless alla libreria musicale del Mac principale.[/caption]

Persino la condivisione dello schermo tramite la rete locale wireless è veloce, senza rallentamenti significativi, o meglio senza avvertire rallentamenti più marcati di quelli intrinseci al servizio stesso.

Ovviamente a volte mi accorgo che il sistema è meno brillante di quelli a cui sono abituato, ma allo stesso tempo non riesco a distinguere efficacemente la convinzione personale dai fatti reali. Non riesco cioè a valutare con esattezza quanto il fatto di sapere di stare usando un computer di 10 anni fa incida sulla valutazione globale.

Certo, l’architettura hardware è comunque datata, la RAM è di solo 1 GB (ma un upgrade è in arrivo), la scheda video è obsoleta. Ma il fatto stesso di non avvertire chiaramente dei rallentamenti significa che l’effetto benefico del disco SSD riesce a sopravanzare abbondantemente i limiti dell’hardware.

Tutto sommato, se non lo vedessi davanti a me, bianco e massiccio, potrei veramente pensare di stare usando un Mac di 2-3 anni fa. Veramente grandioso.

Sembra quasi incredibile che sia un computer del 2004.

Sappiamo però tutti bene che, subito dopo l’installazione, tutti i sistemi operativi (persino Windows!) sono veloci e reattivi e che i rallentamenti iniziano installando software di terze parti, soprattutto quelli che aggiungono funzioni (spesso inutili) che partono automaticamente all’avvio.

Bisogna solo trovare le versioni ancora disponibili per Power PC. E qui si apre un mondo ancora ricco e decisamente inaspettato.


[1] Apple è abituata a produrre versioni evolutive dei suoi sistemi operativi, e la cosa si riflette anche nei nomi: Snow Leopard (Mac OS X 10.6) migliora e velocizza Leopard (10.5), Mountain Lion (OS X 10.8) fa lo stesso per Lion (Mac OS X 10.7) e andando più più indietro nel tempo, lo stesso è successo a Panther (Mac OS X 10.3) rispetto a Jaguar (Mac OS X 10.2).

Sabino Maggi
Pubblicato da Sabino Maggi Segui
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