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Lo confesso: uso Android. Il mio cellulare attuale è un Samsung Galaxy S con contratto (appena scaduto), che cambierò a giorni con un iPhone.
Due anni e mezzo fa, quando ho sottoscritto l’abbonamento, il costo mensile del contratto era quasi la metà di quello di un iPhone e, per l’uso che faccio del telefono, la differenza di prezzo era significativa. Oggi i prezzi dei contratti comprendenti il cellulare si sono allineati e quindi non ha più senso non passare ad iOS. Ma per ancora qualche giorno…
In questi anni ho provato decine, forse centinaia, di applicazioni per Android, ho aggiornato il sistema operativo sia tramite gli strumenti (pessimi!) della Samsung, sia usando ROM custom non ufficiali, dopo aver sboccato il telefono ottenendo i permessi di root.
Insomma, ritengo di aver acquisito una certa esperienza sui sistemi Android, abbastanza superiore a quella di un utente medio di smartphone.
E nel complesso posso affermare che Android mi ha lasciato piuttosto insoddisfatto.
Non per il sistema operativo in sé che, essendo basato su Linux è solido ed affidabile, ma per come Android viene gestito dai produttori.
Non esiste un solo Android, ma decine di versioni di Android adattate dai singoli produttori di smartphone ai propri dispositivi. Una frammentazione deleteria.
Gli adattamenti non sono solo estetici — l’aspetto di Android su un telefono Samsung è ben diverso da quello su un HTC o su un LG, e tutti questi sono molto lontani dal look and feel minimale dei cellulari Nexus, i dispositivi Android ufficiali di Google — ma soprattutto funzionali. Ogni telefono dei diversi venditori è differente dagli altri e quindi anche il sistema operativo deve essere adattato a gestire le specifiche componenti hardware di ciascun smartphone.
Ciascun telefono Android è quindi venduto con la versione corrente del sistema operativo adattata per funzionare proprio su quel dispositivo. E quel che è peggio, i produttori sono riluttanti a rilasciare gli aggiornamenti, con il chiaro obiettivo di spingere i clienti ad acquistare più spesso un nuovo smartphone.
Nella maggior parte dei casi, quindi, un dispositivo Android non riceve mai aggiornamenti ufficiali al sistema operativo che, dopo solo un anno, è in media già una o due versioni indietro rispetto ai rilasci ufficiali di Android di Google. A tutto ciò fanno eccezione i cellulari Nexus che, essendo gestiti direttamente da Google e non dal produttore dell’hardware, beneficiano di aggiornamenti più costanti e più a lungo termine. Il post Sedotti e abbandonati sul blog QuickLoox e il grafico Android Support vs iOS Support, sintetizzano molto bene la situazione.
Ma a cosa serve aggiornare Android? Perché l’utente finale deve preoccuparsi di queste cose? In fondo un telefono non è un computer, basta che faccia le telefonate…
Sbagliato!
Un telefono, o meglio uno smartphone, oggi è un computer a tutti gli effetti e non serve solo a telefonare. Anzi, telefonare è forse il compito meno importante di uno smartphone odierno. Per quello basterebbe un telefono da 20-30 euro, inutile spenderne centinaia.
E se uno smartphone è un computer, deve essere trattato come tale.
Gli aggiornamenti del sistema operativo dello smartphone servono a correggere gli inevitabili errori di programmazione, ad aggiungere nuove funzioni, a modificare quelle esistenti e da ultimo (ma non certo meno importante) a rendere più sicuro il sistema. Ma non solo. Tenere aggiornato il sistema operativo del telefono permette anche di usare le nuove versioni delle applicazioni installate nelle quali, a loro volta, sono state inserite nuove funzionalità e correzioni degli errori.
E, se le nuove applicazioni non girano sul telefono, l’utente medio sarà indotto a pensare che ormai lo smartphone è diventato vecchio e a desiderare di cambiarlo. Esattamente quello che vogliono i produttori.
Puro marketing, insomma.
Significativa a questo proposito la pretesa di Samsung che il Galaxy S non fosse abbastanza potente per far girare la versione 4.x di Android, giustificando così la mancanza di ulteriori aggiornamenti dopo la versione 2.3.3 Gingerbread. Giustificazione assolutamente pretestuosa, come vedremo in un prossimo post.
Nel mondo di iOS della Apple, il sistema operativo che gira su iPhone, iPad e iPod Touch, le cose vanno in modo profondamente diverso. Poiché la Apple produce sia il software che l’hardware è molto più facile rilasciare un’unica versione di iOS che gira indifferentemente su tutti i prodotti della casa californiana, anche quelli fuori produzione da anni.
Ma non è solo una questione di facilità. È proprio la politica commerciale della Apple che è diversa da quella della concorrenza e che tende a supportare i propri prodotti per un tempo molto più lungo.
L’effetto finale è benefico per l’utente: un prodotto con iOS è usabile per molti più anni nel pieno (o quasi) delle sue funzionalità rispetto ad un equivalente Android della stessa età, diluendo nel tempo l’investimento iniziale per l’acquisto.
Alla faccia della cosiddetta tassa Apple, cioè della convinzione comune che i suoi prodotti costino di più senza essere, a parte il design, particolarmente migliori dei prodotti concorrenti.
Già, proprio come il Surface 2 Pro di cui si è detto qualche giorno fa.